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gennaio

Storia della polca

Il primo che scrisse musiche di polka fu il boemo Franz Hilmar. Molti musicisti seguirono il suo esempio. Johann Strauss figlio ne compose 163 brani.
Per quanto riguarda la elaborazione della tecnica di ballo, si svilupparono due STILI che si rifacevano a due diverse scuole di pensiero, entrambe con epicentro Parigi: il metodo CORALLI e il metodo CELLARIUS:
Eugene Coralli era una grande coreografo e mise a punto una tecnica elegante e raffinata, adatta al teatro e ad un pubblico dotto.
Henry Cellarius era un affermato maestro di ballo da sala, e propose una tecnica capace di esaltare la irruenza e la istintivita’ della polka, al punto da scatenare ogni genere di sfrenatezze.
Il problema polka occupava il centro dei dibattiti e delle attenzioni, sia fra la gente comune che nel fronte delle autorita’ e dei giornalisti. Per questo motivo era difficile contenere la controversia entro i normali limiti della convivenza ‘ideologica’. Si erano formati degli schieramenti contrapposti anche con punte di fanatismo esasperato. Il clima generale era quello che prepara le grandi sfide. Il mondo della cultura e della stampa sponsorizzava il metodo CORALLI; l’opinione pubblica era divisa quasi a meta’, con una leggera preferenza per il metodo CELLARIUS. Si arrivo’ ad una pubblica esibizione organizzata congiuntamente dai rappresentanti dei due schieramenti. Fu un match in piena regola. Cellarius volle esibirsi per primo, ballando con sua sorella; ma incontro’ notevoli difficolta’ a cimentarsi su un brano musicale che non conosceva, in quanto preparato dall’orchestra proprio per l’occasione. L’esibizione di Coralli fu perfetta e stilisticamente superiore: stravinse.

Intanto prendeva piede una cultura intesa a superare la concezione del ballo come strumento educativo di buone maniere. Le danze di societa’ si staccavano dai canoni delle accademie e dei teatri per diventare disciplina autonoma, con proprie regole e propri programmi. Cellarius aveva perso la battaglia (la sfida), ma col passare degli anni vinceva la guerra, perche’ questa era la sua idea portante: che la gente si liberasse, attraverso le danze da salotto, di tutte le rigidita’ che bloccavano ogni forma di naturalezza e di spontaneita’.

La polca e’ stata veloce fin dal suo nascere: col metodo Cellarius i ballerini avevano un contatto permanente, tecnicamente funzionale all’equilibrio della coppia. I seguaci di questo metodo aumentarono sempre di piu’, sia fra i maestri sia fra i giovani danzatori. All’occhio dei benpensanti la polka ballata in tale modo apparve scandalosa. Non mancarono le polemiche e le condanne nei confronti di quanti se ne facevano promotori e assertori. Molti proprietari di locali cercarono di impedire lo svolgimento di questo ballo, in quanto lo stesso, eseguito in modo caotico e violento dalle coppie in preda a una vera e propria trance, causava danni materiali (volavano tavoli e sedie, piatti e bottiglie) e allontanava irrimediabilmente la clientela piu’ tranquilla e moderata.
Ma l’ondata di simpatia per questa nuova forma di divertimento cresceva a dismisura: in realta’ si sentiva il bisogno di evadere dalla monotonia delle danze a coppia aperta, dalla cultura delle quadriglie che erano diventate dei riti veri e propri con tutta una serie di rigidita’ e nei comportamenti e negli abbigliamenti. La polka era percepita dalle masse come simbolo di allegria e di spontaneita’. Con queste caratteristiche si sviluppo’ anche in Inghilterra e negli Stati Uniti, dove non mancarono i censori. Verso la fine del 1800 la moda della polka fini’.

Attualmente essa e’ ballata solamente negli Stati uniti e in Italia.
In Italia ha avuto enorme diffusione, sia negli ambienti della danza specializzata, sia nei vari strati della popolazione. Questo ballo si presenta come il piu’ adatto ai momenti di spensieratezza e di festa. Si presta alla improvvisazione ed alla inventiva, pur richiedendo preparazione teorica formale e fisica. Molti continuano a ballare la polka con passi camminati che ricalcano il vecchio one step.

Gli Organismi italiani preposti al settore della Danza Sportiva, preso atto del livello di penetrazione di questo ballo, lo hanno adottato come danza nazionale inserendolo nella disciplina LISCIO UNIFICATO, assieme a Mazurka e Valzer Viennese.

(fonti: www.emmedance.altervista.org)

27

dicembre

Storia del tango

 

 

Siccome le ipotesi sulla deriazione del nome tango sono tante, lo stabilire con certezza da dove esso derivi, aiuta ad orientarsi nella costruzione della storia delle origini di questo ballo misterioso. Ecco un elenco delle piu’ plausibili.

 

  • Deriva dal termine francese tangage che significa beccheggio. In tale ipotesi, si paragona al movimento oscillatorio delle imbarcazioni una iniziale figura caratteristica del ballo consistente in una specie di dondolio.
  • Deriva dal verbo latino tangere che significa toccare. Il riferimento, in tale ipotesi, e’ allo stretto contatto dei partners.
  • E’ un termine di origine giapponese che corrisponde ad una citta’ nipponica e ad una festa che in quella citta’ si svolgeva. Il termine sarebbe stato mutuato dalla lingua parlata dalle comunita’ giapponesi trasferitesi a Cuba alla fine del XIX secolo.
  • E’ un termine spagnolo che significa ossicino.
  • Deriva da fandango, una danza andalusa di provenienza araba. Il fandango si diffuse in Spagna durante il secolo XVIII e da qui fu portato in Argentina.
  • Deriva da tango flamenco (tanguillo) che si sviluppo’ in Spagna alla fine del XIX secolo.
  • Deriva da tangos, nome dato ai locali che rappresentavano i ritrovi dei neri e degli immigrati in genere; molte feste di neri si svolgevano in case private: tali case stesse erano chiamate tangos.
  • Deriva dal termine africano tambo che significa tamburo.
  • Deriva da tangano, nome di un ballo che gli schiavi negri portarono in Argentina.

Il Diccionario de la Real Academia Espanola, del 1803, riporta che il termine tango esiste dal 1736 col significato di ossicino.
E’ il caso inoltre di ricordare che il rapporto fra tango flamenco e tango e’ stato oggetto di uno studio approfondito da parte del francese Jacque Bense il quale ha ricostruito il percorso completo, durato alcuni secoli, dei balli che si possono considerare antenati del tango. L’Autore sostiene che il tango flamenco (spagnolo) gia’ esisteva nel XV secolo: lo avevano portato i Mori nelle regioni del Sud. Trattandosi di un ballo equivoco e moralmente scomodo, fu osteggiato abbondantemente. Nelle regioni del Nord della Spagna fu addirittura abolito con provvedimenti ufficiali di divieto. Fuori dalla ufficialita’, la danza sopravvisse nelle abitudini di gruppi appartenenti agli strati sociali piu’ poveri e presso alcune comunita’ di gitani che si spostavano da una localita’ all’altra. Quando molte famiglie gitane si trasferirono in Centro America in cerca di fortuna, il tango flamenco mise nuove radici a Cuba e dintorni. Mescolato a motivi ed elementi africani, diede origine all’habanera cubana che e’ la madre diretta del tango argentino. Gli ‘scandalosi’ intrecci di gambe, tanto per fare un esempio, sono passi di habanera… e il tango li ha esaltati

 

Il ritmo e’ di derivazione negra. Piu’ precisamente, prende le mosse dalla habanera cubana, a sua volta emanazione di motivi africani portati dagli schiavi in America Latina nel XVIII secolo.
L’habanera nasceva come piattaforma musicale e basta. Raggiunse la forma compiuta del classico brano con testo, attraverso l’incontro e la fusione con la payada, che era un canto poetico caro alle genti delle campagne. Habanera piu’ payada generarono la milonga (che fu anche una danza): un canto malinconico e triste che raccontava le difficolta’ della vita e le pene d’amore della povera gente, al suono di chitarra, flauto e violino. La milonga rappresento’ a tutti gli effetti la matrice del tango. Non a caso, fino al 1910, il tango fu chiamato milonga con cortes. Per informazione, devo ricordare che il termine milonga designava la prostituta.
Questo nuovo genere fu presto assimilato dagli immigrati europei che ne colsero la profondita’ ed una sorta di bellezza malinconica, legata al senso delle cose perdute.La sua musica sembrava il sottofondo piu’ idoneo a segnare il ritmo della emarginazione e della sconfitta.
Inizialmente la musica del tango fu scritta in 2/4 ed il ritmo era abbastanza veloce. Successivamente fu scritta in 4/8 e 4/4. Man mano che prese piede l’abitudine di aggiungere il testo alla musica, il ritmo fu rallentato.
A partire dal 1917, l’uso del tango cantato fu generalizzato. In quell’anno, Carlos Gardel presento’ in un teatro di Buenos Aires il brano “Mi noche triste”. Il successo fu strepitoso. Gia’ nel 1915, in verita’, era stato composto da Rodriguez il famoso pezzo “La cumparsita”. Ma fu sempre Carlos Gardel a lanciarlo, dopo che divento’ celebre, assieme ai classici “Choclo” di Villoldo e “Caminito” di Filiberto. Nei pochi anni della sua carriera, Carlos Gardel porto’ il tango in giro per il mondo: in tutta l’America e in tutta l’Europa, prima come cantante e dopo come attore. Si racconta che quando mori’, nel 1935, a soli 45 anni (in un incidente aereo), molte donne in Argentina si suicidarono per aver perso il loro idolo.

Dopo la morte di Carlos Gardel, assieme al mito del personaggio, crebbe l’amore per il tango. Dal 1940 in poi, a parte la pausa bellica, si assistette ad un crescente interesse per il tango, anche dal punto di vista artistico-musicale. In Argentina molte scuole e molte orchestre proposero varianti stilistiche che influivano direttamente sul piano del ritmo. Alcuni musicisti tornarono ad un tango piu’ veloce e piu’ vicino a quello delle origini, riproponendo un tempo di 2/4.
Il piu’ grande compositore degli ultimi decenni e’ stato Astor Piazzolla (1921-1994). Egli si affermo’ negli anni settanta con Libertango, oggi riproposto alla grande. L’originalita’ di Piazzolla consiste nell’aver introdotto elementi jazz nella piattaforma tango, col risultato di tirarne fuori un prodotto musicale di altissima qualita’, degno di essere classificato come musica classica. A tal fine egli ha utilizzato egregiamente chitarra elettrica e xilofono. Il tango di Piazzolla non si balla, date le alterazioni ritmiche e i giochi di sovrapposizione di piu’ melodie.

 

L’ARGENTINA
Alla fine dell’Ottocento l’Argentina fu interessata da una immigrazione multietnica di grosse proporzioni per quel tempo. Basti considerare che tra il 1880 e il 1910 la sua popolazione passo’a due milioni a quattro milioni di abitanti, per meta’esidenti a Buenos Aires. Si trattava di gente in cerca di fortuna, di disperati europei, africani, ebrei, giapponesi che nelle proprie terre morivano letteralmente di fame. L’anomalia di tale composizione sociale era data dalla sproporzione fra maschi (oltre il 70% della popolazione) e femmine (troppo poche). Ne derivava un diffuso disagio affettivo, organizzativo e sessuale. Gli uomini, dopo una giornata di lavoro, si ritrovavano in taverne e vari locali malfamati per giocare, bere, cantare e suonare. Molti, quantunque poveri, frequentavano i bordelli. Proprio in questi posti il tango trovo’ l’ambiente ideale per la sua fioritura e per la sua esplosione. In verita’, esso era nato nelle feste popolari di Buenos Aires; ma fu rifiutato dalla buona societa’ che ancora coltivava, in totale controtendenza rispetto al resto del mondo civile, contraddanze e quadriglie europee del secolo precedente. Il porto fu la sua culla: per questo motivo fu definito tango porteño. Rémi Hess ricorda che “il porto era gia’ un luogo di accoglienza delle nuove danze. Il valzer ‘rivoluzionario e licenzioso’ venne adottato gia’ a partire dal 1800.”
Proprio nei lupanari del porto il tango divento’ poesia recitata e cantata. Potremmo definire cantautori i suoi primi interpreti!
Per i posti in cui e’ nato e si e’ sviluppato (i bordelli), il tango e’ stato definito il ballo della malavita. Nei bordelli andavano uomini bisognosi di calore e ceffi di ogni genere: i mandriani della pampa (gauchos) che abitavano nelle periferie urbane; persone in cerca di guai; avventurieri che vivevano di espedienti; facinorosi che avevano problemi aperti con la giustizia; e i famosi compadritos, che erano i guappi dell’epoca. Nei testi dei primi tanghi si parlava spesso di questi personaggi strani che frequentavano i bordelli. Anche la letteratura ha dato spazio a vicende e scene di tango tutt’altro che esaltanti. Lo scrittore Jorge Luis Borges, nato a Buenos Aires nel 1899, e non solo per questo, grande conoscitore della sua terra, ha descritto molto fedelmente storie drammatiche di uomini e di donne, consumatesi negli ambienti del tango: risse, sfide, duelli, tradimenti, doppio gioco. L’operazione filosofica e sociologico_letteraria che Borges ha costruito sul tango e’ questa: il ritenere e il dimostrare che proprio la musica del tango e’ la naturale colonna sonora di una vita emarginata e violenta. Molti hanno anche pensato che il tango fosse un ballo fra uomini.

 

La svolta artistica nella musica del tango si ebbe nel 1900, quando al posto del flauto fu inserito il bandoneo’n, una piccola fisarmonica a sezione esagonale, con maniglia e tasti a bottone. Secondo Elisabetta Muraca la parola bandoneo’n e’ stata creata “sul modello akkordeon, sommando il suffisso eon al cognome del suo inventore, il tedesco Heinrich Band”.
Il bandoneon impresse al Tango la caratteristica cadenza struggente e direi lacerante che lo ha fatto diventare veicolo per eccellenza di tutte le passioni dell’animo umano. Nessun altro strumento musicale poteva meglio adattarsi a testi che si ispiravano a temi sostanzialmente tristi, di natura esistenziale e non sociale: l’abbandono del suolo nati’o, i drammatici viaggi per terre sconosciute e verso un futuro ignoto, il pensiero dei paesi d’origine e i ricordi che mettevano la voglia di piangere.
Anche quando si parlava d’amore, si faceva riferimento a storie di adulterio. L’amore era reso difficile ai maschi dalle circostanze avverse e da donne tendenzialmente traditrici.

 

Il ritmo del tango ha due caratteristiche particolari: e’ fortemente cadenzato ed ha una melodia non uniforme che e’ piu’ spinta e meno spinta, nell’ambito di uno stesso brano: cio’ comporta una accelerazione e una decelerazione dei passi, in armonia con la musica.

Le coreografie hanno dovuto tener conto, fin dall’inizio, della particolare struttura ritmica di questo ballo. Cio’ spiega perche’ il tango si e’ subito prestato a tante interpretazioni personali e perche’, anche quando e’ stato codificato, ha dato origine a molte figure di varia lunghezza con caratteri stilistici diversificati. La posizione della coppia e’ nata sotto i migliori auspici: cavaliere e dama erano praticamente abbracciati strettamente, in modo tale che la dama potesse percepire i movimenti anche improvvisati del partner, i bruschi cambi di direzione, e farsi guidare senza problemi. Intuizione ed intesa erano virtu’ fondamentali. Non a caso, la donna del tango era chiamata seguidora: doveva saper seguire il cavaliere con leggerezza, eleganza e perizia. Nei bordelli, le ballerine piu’ ricercate non erano le donne piu’ belle o piu’ sexy; ma quelle che meglio sapevano farsi guidare nel tango. Checche’ se ne dica, la vera sensualita’ di questo ballo consisteva, non tanto negli abbracci e negli intrecci delle gambe, come i benpensanti credevano; ma nella intesa immediata, nella complicita’ totale e maliziosa, intuitiva ed istintiva, che nel silenzio si stabiliva fra i partners: una specie di intimita’ senza parole, una compenetrazione molto piu’ profonda del semplice contatto fisico. Capitava di notare un uomo e una donna, mai vistisi prima, che riuscivano a formare una coppia perfetta di ballerini gia’ alla prima prova, pur nella mutevolezza delle figure e dei tempi. Nelle piu’ spericolate coreografie, trionfavano improvvisatori dalla guida decisa e femmine che apparivano fatali, volitive, aggressive… ed erano docilissime nel ballo. Per dirla con Marlon Giuri e Simona Griggio, “il tango non codificava i modi del corteggiamento, ma un’ambigua e contraddittoria volonta’ di possesso”.
Le figure create sul tango delle origini portano nomi spagnoli: corte, corrida, garabito, greca, lustrada, media luna, ocho, paseo, promenade, quebrada, refalada, rueda, vuelta. Alcune di queste figure, per la loro particolarita’, sono rimaste famose:

  • corte (corte’): consisteva in una sospensione, generalmente attuata con un passo indietro (sinistro) del cavaliere (destro avanti per la dama). Tale passo indietro serviva a bloccare di scatto la dama e a stringerla, su una pausa musicale interpretata liberamente e allungata a piacimento.
  • ocho: il cavaliere si fermava e aiutava la dama ad effettuare sul posto una serie di passi incrociati e semigiri (non e’ azzardato pensare che i movimenti di questa figura hanno ispirato l’attuale Bandiera, figura presente nel programma di Tango della discplina Ballo da Sala).
  • lustrada: come suggerisce lo stesso termine, il cavaliere, fermandosi, alzava un piede e si lucidava la scarpa sul polpaccio della gamba che sosteneva il peso del corpo

F. Giovannini presenta una distinzione fra programma di TANGO BRASILIANO e programma di TANGO ARGENTINO. L’introduzione di termini francesi significa che e’ gia’ avvenuta una prima europeizzazione del tango:

  • Per il tango brasiliano riporta cinque figure fra cui:
    • corta-jaca (nome successivamente adottato per designare una figura di samba)
    • a’ cote’
    • la corbeille
    • les ballons qui tombent (figura in caduta del cavaliere che sara’ ripresa dal PASO DOBLE: coup de pique)
  • Per il tango argentino riporta sette figure con il corrispondente termine francese:
    • el corte (le départ)
    • el medio corte (le demi-départ)
    • el paseo (la promenade)
    • la media luna (la demi-lune)
    • el veteo (le pas tourné)
    • el cruzado cortado (le croisé-coupé)
    • el cruzado per ocho (le croisé par huit)

 

Il primo film sul tango arrivo’ in Europa nel 1900. Questo nuovo ballo fu percepito come una delle tante curiosita’ esotiche, con i requisiti giusti per suscitare l’interesse del pubblico. Nel 1908 il tango fu inserito come ballo nelle riviste musicali parigine. Nello stesso anno il piu’ famoso maestro francese, Giraudet, riconobbe il tango come danza. Nel 1910 il direttore dell’Accademia di danza, maestro Battallo, ballo’ personalmente il tango con la star Mistinguett: cio’ equivalse alla legittimazione ufficiale di tale danza che, da quel momento, entro’ in tutte le sale da ballo. Nel 1911 il tango fu presentato alla Esposizione Universale di Parigi, provocando grandi entusiasmi da un lato e critiche e condanne dall’altro. Per molti anni esso ebbe un doppio destino:

  • Si insinuo’ negli ambienti ufficiali dell’Arte e della Cultura dei continenti europeo ed americano, diventando anche movimento letterario e filone musicale.
  • Si scontro’ con forze retrive che lo bollarono come peccaminoso ed indecente.

Insomma, trovo’ in pari misura convinti detrattori ed entusiasti proseliti.

A favore del Tango si schierarono quasi tutti i ballerini e gli studiosi di danze di coppia. Costoro capirono immediatamente che era nato il piu’ affascinante dei balli. Lo stesso pubblico che ruotava attorno agli spettacoli relativi alle danze sembro’ apprezzarne entusiasticamente la portata rivoluzionaria. Il mondo accademico e le gerarchie ecclesiastiche ne furono indignati ed espressero parole di dura condanna. Era difficile far accettare come danza nobile ai rappresentanti del Sistema di allora un ballo inventato nei postriboli, usato come sollazzo da ubriaconi e prostitute. Ne’ si erano mai viste, nemmeno nella tollerante Parigi, coppie di ballerini “esibirsi in posizioni cosi’ sconvenienti ed equivoche“. La stampa (Le Figaro in testa) non perse l’occasione per lanciare un sincero allarme, sostenendo che il Tango era un attentato alla Morale, in quanto consentiva ad un maschio e ad una femmina di fare in pubblico cose che anche nel privato avrebbero fatto arrossire le persone perbene.

Per fortuna i Professeurs de Danse furono piu’ realisti e lungimiranti dei giornalisti. Colsero la potenza di questa danza e si misero al lavoro per renderla “compatibile”. La famosa insegnante di ballo Gladys Bettie Crozier, che aveva scritto sul tango un libro importante (The Tango and How to Dance It), nel 1913 aveva modo di descrivere in termini positivi e rassicuranti il tango ballato a Parigi. Lo definiva sciolto ed armonioso, elegante e di belle figure. Poco tempo dopo la presentazione alla Esposizione Universale (1911), e fino allo scoppio della prima guerra mondiale, la moda del tango esplose sia a Parigi che a Londra. Fiorirono dappertutto delle orchestrine attrezzate per suonare il tango, e molti locali (caffe’ e ristoranti) si riciclarono allo scopo di ospitare ballerini di tango. Questi ritrovi si chiamavano tango teas: al centro del salone c’era spazio sufficiente per consentire di ballare; tutt’attorno erano sistemati i tavolini per le consumazioni. Fra una portata e l’altra, mentre l’orchestra suonava ininterrottamente, le coppie si alzavano ed eseguivano un tango. A Londra i the’ dansant nacquero come veri e propri clubs riservati alla media ed alta borghesia. Alcuni di questi clubs, come e’ sempre stata ‘buona’ abitudine degli inglesi, erano anche abbastanza selettivi.

In Argentina, patria del tango, questo ballo usciva, poco a poco, dal ghetto e, fin dal 1907, comincio’ ad essere ballato nei salotti e nei teatri. Poi conquisto’ i piani alti della politica, degli affari e della cultura. Avvenne un fenomeno strano: il vero successo esplose dal 1913 in poi, solo dopo che l’Europa e la Francia ne avevano fatto il ballo del momento. A Buenos Aires furono aperti locali lussuosissimi, arredati secondo la moda parigina. I cabaret piu’ famosi portavano nomi francesi: Le Moulin Rouge, Le Royal Pigalle, Chanteclair, Julien, Les Ambassadeurs. In tal modo, l’Argentina adottava ufficialmente il tango come il suo ballo, dopo averlo inventato e snobbato. Esso diventava, nelle grandi citta’ e nei piccoli centri, la piu’ grande attrazione artistica. Per le persone altolocate era un obbligo partecipare alle danze nella forma piu’ solenne. Signore elegantissime e cavalieri in frac e papillon diventarono, frequentando specifiche scuole o servendosi di istruttori privati, ottimi ballerini di tango.
In America la febbre per il tango non fu minore che altrove. A New York aprirono centinaia di locali, diurni e notturni, dedicati esclusivamente al tango come musica e come ballo.
In Italia il tango fece la sua comparsa in forme meno eclatanti; ma comunque si diffuse abbastanza velocemente e abbastanza in profondita’ nei vari strati della popolazione. E’ curioso ricordare, a tale proposito, l’opera di un bravo maestro, Enrico Picchetti, del quale in qualche modo possiamo dire che fu il salvatore del tango. Ecco, brevemente, la storia:

  • Gli attacchi al tango continuavano incessantemente in Europa, da parte ecclesiastica, nonostante il successo di pubblico e nonostante gli accorgimenti attivati per rendere il ballo ben accetto agli ambienti conservatori. Il fin troppo solerte arcivescovo di Parigi scomodo’ il Papa, chiedendo una condanna ufficiale della Chiesa di Roma nei confronti di questa danza diabolica e peccaminosa. Pio X, realisticamente, prima di pronunciarsi, volle rendersi conto personalmente di cosa si trattasse. E qui entra… in ballo il maestro Enrico Picchetti. Costui preparo’ una coppia di ballerini insospettabili: il principe Antici Mattei e la sorella. Monto’ un programma talmente casto che nessuna figura richiedeva contatti equivoci dei corpi. La coppia si esibi’ alla presenza di Pio X, il quale non pote’ che prendere atto della liceita’ di questo maltrattato ballo.

Il successo mondiale del tango porto’ ad una proliferazione di figure e di tecniche. Ogni pista da ballo proponeva un suo tango. Ogni scuola sfornava originali coreografie. Molti studiosi di teoria cominciarono a dire che era arrivata l’ora di una regolamentazione. Gia’ verso il 1914 i famosi insegnanti newyorkesi Vernon e Irene Castle approntarono un manuale di figure e di tecnica. Il discorso della sistematizzazione si interruppe con lo scoppio della guerra.
Nel 1920 il tango fu rilanciato nello stile francese: il piu’ grande interprete ne fu Rodolfo Valentino. Egli conquistava le donne, prima ancora che per come le amava, per come le faceva ballare. La figura chiamata casque’, ingiustamente ignorata da tutti i libri e manuali successivi, fece piu’ proseliti che tutte le altre figure messe assieme.
La prima codificazione importante del tango fu effettuata negli anni venti dall’Imperial Society of Teachers of Dancing di Londra. La piu’ significativa selezione, a livello mondiale, resta quella operata dal maestro Alex Moore.

 

Il tango appartiene alla disciplina DANZE STANDARD, con i tre programmi Bronzo, Argento e Oro. Il manuale della ANMB propone un programma complessivo di 23 figure. In Italia il tango e’ inoltre presente nella disciplina BALLO DA SALA con un programma autonomo di 19 figure

Abbiamo inoltre il TANGO ARGENTINO cjhe le Associazioni ANMB, FIDP, FITD hanno inserito fra le discipline ufficiali. In Italia, attualmente, per gli esami di maestro si fa riferimento al testo di Franco Giombetti e Arianna Storace TECNICA DI TANGO ARGENTINO. Il programma proposto e’ una sintesi delle figure piu’ significative che si vedono in giro ed e’ articolato in tre sezioni (livelli): Bronzo, 10 figure; Argento, 7 figure; Oro (programma libero). Vengono inoltre presentate 6 figure di TANGO VALS e 7 figure di MILONGA, tutte catalogate Argento.

 

(fonti: www.emmedance.altervista.org)

20

dicembre

Storia del foxtrot

 

Il FOX TROT e’ una danza classificabile come moderna ed appartiene al genere della musica sincopata. Per capire in quale ambiente musicale e’ nato il fox trot si deve fare un piccolo passo indietro e partire dal RAGTIME (rag = fatto a pezzi  -  time = tempo)

Il ragtime e’ una musica negra basata sull’uso sistematico della sincope all’interno di uno schema di base abbastanza rigido. Si tratta di una musica popolare e al tempo stesso dotta. Lo dimostra il fatto che il suo strumento e’ il pianoforte. Assieme al blues e al jazz rappresenta il piu’ importante fenomeno musicale del Nord America. I primi pianisti negri che suonarono tale ritmo risalgono al 1870. Essi si esibivano in alcuni locali del Middle West e creavano degli originali arrangiamenti sulle piu’ famose musiche europee del momento (mazurke, polke e operette).

Il ragtime e’ importante non tanto per se stesso, ma in quanto preparo’ l’avvento del Jazz. Nella fase intermedia della sua confluenza nel jazz genero’ il fox trot che intraprese una sua strada fino a raggiungere il massimo successo attorno al 1915. Quando la musica del fox trot fu messa a punto con la sua specifica caratterizzazione, vi si costruirono sopra delle figure di danza consistenti in camminate veloci, giri a destra e sinistra, salti e chasse’.

Secondo alcuni studiosi il nome Fox Trot (passo di volpe) dimostra che tale ballo appartiene al gruppo di danze derivate direttamente dal ragtime e che sfruttano nomi di animali per proporne la imitazione dei passi su ritmi sincopati: turkey trot (trotto del tacchino); grizzly-bear (orso grigio); donkey trot (passo dell’asino); peacock gilde (passo del pavone); chicken wheel (ruota di gallina); geechie walk (passeggiata dell’oca); fish step (passo del pesce).

Che il Fox Trot derivi dal ragtime e’ fuori dubbio; ma secondo altri ricercatori, il suo nome e’ legato all’attore californiano Harry Fox che lo invento’ nel 1913. Il primo nome dato al ballo era trotting step: la base musicale era, naturalmente, il ragtime. Nella piu’ grande sala da ballo di New York (Jardin de Danse) Harry Fox e sua moglie si esibivano personalmente in questa nuova danza. In breve tempo riuscirono a coinvolgere tutta la crema del ballo americano. In omaggio ai suoi meriti ed alla sua bravura, il trotting step divento’ Fox Trot e nel 1914 fu inserito nella lista delle danze standard dalla Societa’ Americana dei Professori di Danza. Il passo base era: slow, slow, quick, quick.
Nel 1915 il Fox Trot fu portato a Londra dal grande ballerino Oscar Duryea. La Societa’Imperiale dei Maestri di Ballo approvo’ l’adozione di tale danza apportandovi significative trasformazioni: furono aboliti salti, chasse’ e bruschi movimenti; furono introdotte figure delicate prese in prestito dal valzer lento. Praticamente si costrui’ un ballo tutto inglese, completamente diverso da quello americano.
Dopo la prima guerra mondiale il Fox Trot inglese genero’ le due varianti che ci sono state tramandate con i nomi che oggi conosciamo (slow foxtrot e quickstep)

  • la versione lenta, suonata attorno alle 28-30 battute al minuto, che mantenne il nome originario di (slow) foxtrot;
  • la versione veloce, suonata attorno alle 46-48 (oggi fino a 50-51) battute al minuto, che prese il nome di quickstep.

BALLI DERIVATI DAL FOX TROT
Sulla musica del fox trot sono stati costruiti altri balli che, mantenendo la stessa base ritmica, hanno introdotto uno stile particolare. Proprio tale stile ha consentito la denominazione di balli diversi: flapper, passo di jazz, passo di slow_jazz.
Secondo i Maestri Pietro Mormino e Piero Di Liberto lo stesso shimmy e’ un derivato del fox trot. L’unica differenza consiste, infatti, nel modo di eseguire i passi: senza piegamento di ginocchia e imponendo al corpo un movimento ondulatorio.
Il FLAPPER FOX TROT e’ un fox battuto (to flap, in inglese, significa battere). Si puo’ ballare sui ritmi lenti e sui ritmi veloci.La sua caratteristica consiste nel battere il tallone, movendo il corpo simultaneamente. Per la sua spettacolarita’ questo ballo e’ stato utilizzato anche, e soprattutto, sulle scene del varieta’. La figura di base si chiama marcia flapper:
Ogni passo e’ di due tempi e si divide in due movimenti:

  1. il cavaliere porta il piede destro in avanti con la gamba tesa e batte la punta
  2. porta il peso del corpo sul tallone destro, battendolo.

Oggi il Fox trot fa parte della disciplina BALLO DA SALA, presente solo in Italia.
Slow foxtrot e quickstep fanno parte delle DANZE STANDARD e si ballano in tutto il mondo.

                     (fonti: www.emmedance.altervista.org)


12

dicembre

Storia della mazurca

 

Mazurka è un termine sicuramente derivante dal polacco. Le ipotesi della nascita del termine sono varie, ma tutte riconducono alla POLONIA:

-Masuria, regione che si estende a nord-est fino ai confini della Russia.
-Mezovia, regione settentrionale.
-Mazur o Mazurek, villaggio vicino a Varsavia.
-Mazur, contadini della Polonia.
-Masovia, regione che si trova a sud.
-Laghi Masuri.

Non si può fissare con precisione una data di nascita: gli studiosi la collocano comunque attorno agli inizi del 1500.
Per circa due secoli visse nella semiclandestinità, ballata dai ceti sociali medio-bassi. Nel 1700 entro’ nelle abitudini del popolo che la ballava in contrapposizione alla polacca (la danza degli aristocratici). La mazurka si poneva come alternativa alla polacca, sotto vari aspetti, musicali, culturali e tecnici:

La  polacca era lenta; la mazurka era briosa.

La polacca era in tempo binario; la mazurka in ternario.

La polacca era aristocratica, si ballava nelle corti; la mazurka era il ballo della povera gente.

Nonostante l’umiltà delle origini, la mazurka si diffuse in Ungheria, Russia, Germania, Francia ed Inghilterra. La sua diffusione fu favorita dalle opere di grandi musicisti quali Chopin, Kaikovskij, Szimanovskij. Solo Chopin, fra il 1820 e il 1849 produsse 59 mazurke che, in omaggio alla Polonia, avevano il sapore dei canti popolari della sua gente.

Questo ballo si prestò fin dall’inizio a molteplici interpretazioni. Date le sue caratteristiche musicali, con le pause scandite in modo perentorio e preciso, creava grandi opportunità di performance e di improvvisazione. Agli inizi del 1800 si era arrivati a codificare ben 56 figure di mazurka, compreso il colpo di tacco che segnava la chiusura di ogni sequenza coreografica.

Il più grande studioso e teorico di mazurka fu il maestro Henry Cellarius che codificò le più importanti figure di base. Nel manuale LA DANSE DES SALONS (1847) egli sostenne l’assoluta libertà del cavaliere di personalizzare questo ballo, pur nel rispetto dei criteri e dei movimenti fondamentali. Nella mazurka la dama aveva il privilegio di scegliere il cavaliere e, conseguentemente, il dovere di affidarsi ed abbandonarsi a lui, mantenendo un portamento maestoso. Dalla sua capacità di farsi guidare e gestire, dipendeva l’armonia del ballo, oltre che dalla fantasia, dalla abilità e dalla determinazione del cavaliere. Come si intuisce gia’ da allora si era capito che e’ la dama che fa spettacolo: con i suoi abiti, con i suoi movimenti, con la sua grazia… e con la sua bellezza.

Data l’adattabilità della mazurka, e data la spettacolarità delle sue figure, Cellarius la innestò su altri balli, creando tre binomi di danze:

1. polca-mazurca;
2. quadriglia-mazurca;
3. valzer-mazurca (Cellarius valse).

Secondo alcune testimonianze dell’epoca, comunemente la mazurca veniva ballata in questo modo:

-strisciare per una ventina di centimetri il piede sinistro, lateralmente a sinistra;
-accostare il piede destro al sinistro,
-scacciare il piede sinistro leggermente avanti.
-ripetere i tre movimenti cominciando col destro.

In Italia la mazurka si diffuse, soprattutto al Nord, nella seconda metà dell’Ottocento. Fece talmente presa sulla gente che diventò il ballo di tutte le feste e di tutte le occasioni d’allegria. Parallelamente è stata per tanti anni oggetto di studio e perfezionamenti da parte di musicisti, maestri e ballerini. L’orchestra (Secondo) Casadei, grazie ad una paziente opera di rielaborazione di brani classici, iniziata nel 1925, ha il merito di averla portata in giro per le piazze d’Italia, facendo innamorare giovani e vecchi per questo ballo che possiamo definire simbolo di buonumore e di spensieratezza. Sta di fatto che, pur essendo un ballo polacco, la mazurka si considera oggi come facente parte della nostra tradizione coreica.

Assieme a Polka e Valzer Viennese appartiene alla disciplina LISCIO UNIFICATO, alla disciplina DANZE FOLK (liscio romagnolo) e alla disciplina LISCIO TRADIZIONALE (piemontese).

 

(fonti: www.emmedance.altervista.org)

3

dicembre

Valzer lento 4

Valzer lento...Giro rovescio

Cavaliere (vedi figura)

Si inizia di fronte diagonalmente alla parete e si termina di fronte diagonalmente al centro.

  • 1) P.S. in avanti, leggero M.M.C.
  • 2) Passo lungo di lato con il P.D.
  • 3) Continuare girando sull’avampiede D. e riunire il P.S. al P.D. (corpo “contro” la L.d.B.)
  • 4) P.D. indietro, leggero M.C.C.
  • 5) P.S. di lato, lungo la L.d.B.
  • 6) Riunire il P.D. al P.S.

Azione dei piedi: 1) tacco, punta; 2) punta; 3) punta, tacco; 4) punta, tacco; 5) punta; 6) punta, tacco.
Elevazione: iniziare ad elevarsi alla fine dell’1, continuare ad elevarsi al 2 e al 3, abbassarsi alla fine del 3, iniziare ad elevarsi alla fine del 4, continuare a elevarsi al 5 e al 6, abbassarsi alla fine del 6.
Movimento contrario del corpo: all’1 e al 4.
Inclinazione del corpo: inclinarsi a sinistra al 2 e al 3, inclinarsi a destra al 5 e al 6, raddrizzarsi gradualmente sul 6.
Quantità di giro: ogni tre passi eseguire 3/8 di giro.
Osservazioni generali: si può girare di meno al 4, 5 e 6; il cambio chiuso seguente sarà poi girato leggermente a sinistra.

Dama (vedi figura)

Si inizia con il dorso diagonale alla parete e si termina con il dorso diagonale al centro.

  • 1) P.D. indietro, leggero M.M.C.
  • 2) Passo di lato con il P.S.
  • 3) Riunire il P.D. al P.S. (corpo “fronte” la L.d.B.)
  • 4) P.S. in avanti, leggero M.C.C.
  • 5) Passo lungo di lato col P.D. lungo la L.d.B.
  • 6) Continuare girando sull’avampiede D. e unire il P.S. al P.D.

Azione dei piedi: 1) punta, tacco; 2) punta; 3) punta, tacco; 4) tacco, punta; 5) punta; 6) punta, tacco.
Elevazione: iniziare ad elevarsi alla fine dell’1, continuare ad elevarsi al 2 e al 3, abbassarsi alla fine del 3, iniziare ad elevarsi alla fine del 4, continuare a elevarsi al 5 e al 6, abbassarsi alla fine del 6.
Movimento contrario del corpo: all’1 e al 4.
Inclinazione del corpo: inclinarsi a destra al 2 e al 3, inclinarsi a sinistra al 5 e al 6, raddrizzarsi gradualmente sul 6.
Quantità di giro: ogni tre passi eseguire 3/8 di giro.
Osservazioni generali: sul 4, molta leggerezza per aiutare il giro seguente.

 

2

dicembre

Valzer lento 3

Giro naturale

Giro naturale cavaliere.Cavaliere (vedi figura)

Si inizia di fronte diagonalmente alla parete e si termina di fronte diagonalmente al centro.

 

  • 1) P.D. in avanti, leggero M.M.C.
  • 2) Passo lungo di lato con il P.S.
  • 3) Continuare girando sull’avampiede S. e riunire il P.D. al P.S. (corpo “contro” la L.d.B.)
  • 4) P.S. indietro, leggero M.C.C.
  • 5) P.D. di lato, lungo la L.d.B.
  • 6) Riunire il P.S. al P.D.

Azione dei piedi: 1) tacco, punta; 2) punta; 3) punta, tacco; 4) punta, tacco; 5) punta; 6) punta, tacco.
Elevazione: iniziare ad elevarsi alla fine dell’1, continuare ad elevarsi al 2 e al 3, abbassarsi alla fine del 3, iniziare ad elevarsi alla fine del 4, continuare a elevarsi al 5 e al 6, abbassarsi alla fine del 6.
Movimento contrario del corpo: all’1 e al 4.
Inclinazione del corpo: inclinarsi a destra al 2 e al 3, inclinarsi a sinistra al 5 e al 6, raddrizzarsi gradualmente sul 6.
Quantità di giro: ogni tre passi eseguire 3/8 di giro.
Osservazioni generali: si può girare di meno al 4, 5 e 6; il cambio chiuso seguente sarà poi girato leggermente a destra.

Valzer lento...
Giro naturale dama.Dama (vedi figura)

Si inizia con il dorso diagonale alla parete e si termina con il dorso diagonale al centro.

 

  • 1) P.S. indietro, leggero M.M.C.
  • 2) Passo di lato con il P.D.
  • 3) Riunire il P.S. al P.D. (corpo “fronte” la L.d.B.)
  • 4) P.D. in avanti, leggero M.C.C.
  • 5) Passo lungo di lato col P.S. lungo la L.d.B.
  • 6) Continuare girando sull’avampiede S. e unire il P.D. al P.S.

Azione dei piedi: 1) punta, tacco; 2) punta; 3) punta, tacco; 4) tacco, punta; 5) punta; 6) punta, tacco.
Elevazione: iniziare ad elevarsi alla fine dell’1, continuare ad elevarsi al 2 e al 3, abbassarsi alla fine del 3, iniziare ad elevarsi alla fine del 4, continuare a elevarsi al 5 e al 6, abbassarsi alla fine del 6.
Movimento contrario del corpo: all’1 e al 4.
Inclinazione del corpo: inclinarsi a sinistra al 2 e al 3, inclinarsi a destra al 5 e al 6, raddrizzarsi gradualmente sul 6.
Quantità di giro: ogni tre passi eseguire 3/8 di giro.
Osservazioni generali: sul 4, molta leggerezza per aiutare il giro seguente.

(fonti: utenti.multimania.it)

 

1

dicembre

Valzer lento 2

Cambio chiuso

Valzer lento...Nella normale costruzione del valzer, il cambio chiuso esiste sia diagonalmente al centro sia diagonalmente alla parete. Però non vi sono affatto motivi perché non possa essere ballato diritto lungo la L.d.B. per motivi di praticità.
Cominceremo ad esaminare il cambio chiuso dal giro naturale al giro rovescio; in seguito vedremo brevemente, in quanto del tutto simile, il cambio chiuso dal giro rovescio al giro naturale.
Durante entrambe le variazioni è permesso girare leggermente per recuperare la corretta direzione di ballo se il giro precedente è risultato leggermente “scarso”.
Il giro naturale termina di fronte, diagonalmente al centro ed inizieremo il cambio chiuso da questa posizione:

Cambio chiuso dal giro naturale al giro rovescio: passi cavaliere.Cavaliere (vedi figura)

  • 1) P.D. in avanti.
  • 2) P.S. di lato e leggermente in avanti.
  • 3) Riunire il P.D. al P.S.

Azione dei piedi: 1) tacco, punta; 2) punta; 3) punta, tacco.
Elevazione: iniziare ad elevarsi alla fine dell’1, continuare ad elevarsi al 2 e al 3, abbassarsi alla fine del 3.
Movimento contrario del corpo: lieve M.C.C. all’1.
Inclinazione del corpo: inclinarsi a destra al 2, raddrizzarsi gradualmente sul 3.
Osservazioni generali: bisogna far attenzione a non lasciar avanzare troppo il secondo passo, altrimenti l’allineamento sarà perduto ed il giro che segue verrà eseguito con più difficoltà.

Dama

  • 1) P.S. indietro.
  • 2) P.D. di lato e leggermente indietro.
  • 3) Riunire il P.S. al P.D.

Azione dei piedi: 1) punta, tacco; 2) punta; 3) punta, tacco.
Elevazione: iniziare ad elevarsi alla fine dell’1, continuare ad elevarsi al 2 e al 3, abbassarsi alla fine del 3.
Movimento contrario del corpo: lieve M.C.C. all’1.
Inclinazione del corpo: inclinarsi a sinistra al 2, raddrizzarsi gradualmente sul 3.
Osservazioni generali: durante l’elevazione sull’1, si effettua l’elevazione del corpo, mentre il piede di supporto del peso è ancora tenuto aderente al pavimento.

Cambio chiuso dal giro rovescio al giro naturale.

Questa figura è del tutto simile a quella appena descritta, sostituire solo al piede destro il piede sinistro e viceversa ed in generale il termine destro con sinistro e viceversa.
Poiché il giro rovescio termina di fronte diagonalmente alla parete, il passo di cambio inizia da quella posizione.

 

(fonti: utenti.multimania.it)

 

15

novembre

Valzer lento 1

Valzer lento...
Tempo: 3/4. Tre battiti in una battuta musicale.
Velocità: la musica dovrebbe essere suonata a 31 battute al minuto.
Base ritmica: nel valzer lento (chiamato anche valzer inglese) non vi sono passi lenti né veloci. Il conteggio è 1, 2, 3. Il primo è accentato.
Per il principiante vi sono soltanto tre figure base e la normale costruzione del ballo si basa su queste: cambio chiuso, giro naturale e giro rovescio.
Non si balla mai un cerchio completo in sei passi, in quanto la costruzione si basa su linee diagonali che richiedono solo tre ottavi di giro ogni tre passi. Normalmente nel cambio chiuso non si gira, in quanto questa figura serve per passare da un giro naturale ad un giro rovescio e viceversa.
L’inclinazione del corpo è molto pronunciata nei giri del valzer, così come occorre prestare attenzione al movimento contrario del corpo da effettuarsi nel primo passo di ogni giro.
L’elevazione deve essere graduale dall’inizio alla fine del giro; la piena elevazione va raggiunta solo quando i piedi si uniscono nel terzo passo.
Quando i piedi sono uniti nei cambi chiusi e nei giri naturali e rovesci, eseguire un passo in avanti senza abbassare i tacchi risulta poco elegante.
Appare inoltre superfluo ricordare l’importanza di una corretta posizione della coppia che deve sempre mantenere il contatto (facilitando anche la guida al cavaliere) e la necessità di “spingere” i passi in modo da ottenere ampie ed eleganti falcate.

 

(fonti: utenti.multimania.it)

3

novembre

Storia del valzer inglese

 

Il Valzer Inglese deriva dal Boston e dall’Hesitation. Per capire le sue origini dobbiamo sinteticamente fissare alcune fasi:
* Il Walzer, fin dal suo primo diffondersi, a seconda delle aree geografiche, fu interpretato o nella forma moderata o nella versione allegra.
* Iin America venne elaborato nella forma moderata. A livello musicale si arrivò a dimezzare il numero di battute al minuto. Con un ritmo molto più lento cambiò di conseguenza la stessa tecnica del ballo. Furono inventate delle figure ad ampio raggio eseguibili con passi strisciati sul pavimento. Ne nacque un nuovo ballo che fu chiamato BOSTON (proprio dal nome della città americana – e non inglese – dove ebbe la sua più grande affermazione).
* Verso il 1890 il Boston fu portato in Europa. In verità, qui non ebbe immediatamente un grandissimo successo, anche perchè si era radicata la tendenza (l’abitudine) a ballare il Valzer veloce (Viennese o tradizionale).
* Qualcuno intui’ nel Boston un qualcosa di particolarmente stimolante sotto il profilo coreografico e lo esaspero’, fino ad arrivare a passi figurati ed esitati.
Attraverso l’introduzione di pause e rallentamenti, con l’obiettivo di imprimere un tocco artistico alla danza, nacque il BOSTON FIGURATO anche detto HESITATION.
* In Inghilterra il Valzer Viennese fu portato già nel secondo decennio del XIX secolo dai nobili che viaggiavano per l’Europa; ma per via della cultura puritana, non lo si poteva riproporre nella sua forma originale, in quanto il ballo di coppia chiusa era considerato disdicevole. Per questo motivo i maestri di ballo si ingegnarono in tutti i modi per renderlo compatibile con i costumi della loro società. Il ritmo fu rallentato parecchio, in modo tale che le figure di coppia chiusa e l’esecuzione dei volteggi non avessero tecnicamente bisogno  di uno stretto e permanente contatto dei danzatori. Dal 1830 a Londra si  ballava un valzer in due tempi che, nonostante la musica di 3/4, si articolava in due passi:
o  un passo strisciato sul primo battito + una esitazione sul secondo battito;
o  uno chassè sul terzo battito
* In tale contesto, l’Hesitation ricevette un’ottima accoglienza. La sua tecnica e le sue figure fondamentali furono interamente recepite nell’ ENGLISH WALTZ. Da questa confluenza nacque il prestigioso Valzer Inglese che oggi conosciamo e che nel corso degli anni allargò moltissimo il respiro e gli orizzonti. Si operò una perfetta sintesi fra l’ispirazione poetica di fondo del Valzer e la delicatezza spirituale dell’Hesitation.

* I seguaci di questo nuovo ballo furono moltissimi. Anche grazie a cio’, lo stile inglese trovò ulteriori conferme nel continente europeo ed ebbe facile gioco nella competizione con le impostazioni della danza di scuola francese.

Il Valzer Inglese rientra sia nella disciplina STANDARD sia nella disciplina BALLO DA SALA dove si usa definirlo anche VALZER LENTO, quindi Il Valzer Lento è la italianizzazione del Valzer Inglese.

 

(fonti: www.emmedance.altervista.org)

2

novembre

Storia del valzer viennese

Se il valzer non fosse stato un ballo cosi’ famoso ed importante quale invece e’ diventato,
forse non si sarebbe verificato tanto accanimento a rivendicarne la matrice nazionale da
parte di studiosi francesi e tedeschi.

 

LE ORIGINI

Sulle origini del valzer sono state scritte montagne di libri e sono state tentate non poche
manipolazioni di dati e documenti. Dato il prestigio del ballo in questione, molti storici
europei hanno anteposto l’interesse nazionalistico a quello della ricerca della pura verita’,
gia’ di per se’ complicata per via della incertezza e della pluralita’ dei riferimenti. Anzi,
proprio il contesto obiettivamente nebuloso ha favorito la proliferazione di ‘studi’
tendenziosi e vari tentativi di depistaggio letterario. Il problema centrale e’ stabilire da quali
balli il valzer derivi: in particolare si tratta di capire se esiste ed e’ dimostrabile un rapporto
tra esso e la volta.
La Volta e’ il piu’ significativo fra i balli di ritmo ternario che sicuramente risalgono ad
epoche precedenti rispetto alla nascita del valzer e che del valzer anticipano le
caratteristiche fondamentali.
Volter vuol dire girare. La Volta e’ una danza antica: consisteva in una serie di giri a destra
e a sinistra. Ai giri si alternavano i salti dei cavalieri e delle dame con una tecnica
particolare articolata in due fasi: i cavalieri, prima eseguivano dei salti molto accentuati e
dopo sollevavano la dama per consentire alla stessa una specie di volo. Gli studiosi
francesi che sostengono la derivazione del Valzer dalla Volta fanno sostanzialmente il
seguente ragionamento: Fino all’anno 1100, tutte le danze di coppia erano eseguite dai
ballerini in posizione affiancata. La VOLTA introduce la posizione di coppia chiusa:
cavaliere e dama, uno di fronte all’altra. Poiche’ coppia chiusa + giravolte sono gli elementi
fondamentali del WALZER, e’ normale mettere in relazione tale ballo con la Volta.
Rémi Hess riconosce che “non esistono prove tangibili in grado di dimostrare l’esistenza di
un legame diretto o di un rapporto di discendenza fra volta e valzer”. Per lui, comunque, la
volta e’ “la prima danza di coppia chiusa, a tre tempi, basata su un movimento di rotazione
della coppia su se stessa (a destra e a sinistra). Inoltre, rispetto alla dinamica del gruppo,
la volta determina un movimento di rivoluzione delle diverse coppie, nello spazio della
danza. Grazie a tutti questi elementi, tale ballo preannuncia indubbiamente il valzer”.
Gli studiosi tedeschi affermano variamente che il Valzer possa derivare:
• dalla Deutscher tanz (Allemanda ternaria popolaresca) sviluppatasi nella Germania
meridionale;
• dal Dreher (Baviera);
• dal Landler (Austria).
E’ stata, comunque, sempre abbastanza diffusa la tentazione di associare il valzer alla
volta, date le somiglianze fra i due balli. Proprio per questo motivo la polemica e il
contenzioso si sono spostati, nel passato, sulle origini della volta stessa, e precisamente
se tali origini siano italiane, provenzali, tedesche o austriache. Dopo decenni di
contrapposizioni, la tendenza attuale e’ quella di considerare la volta un ballo provenzale.
Oggi questa tesi e’ accolta quasi unanimemente; ma fino a quando e’ stata solo una
ipotesi, le scuole di pensiero sulla nascita del valzer si sono divise lungo due indirizzi:
il valzer non deriva dalla volta,
il valzer deriva dalla volta.
Non sono mancati, infine, studiosi tedeschi che, pur prendendo in considerazione la
seconda ipotesi, hanno asserito che anche la volta e’ nata in Germania. Un esempio per
tutti di tale impostazione e’ dato da Fritz Klingenbeck,, il quale ritiene che la volta derivi
direttamente dall’allemanda e che il termine allemanda sia stato coniato dai francesi per
denominare la volta in modo da esplicitarne la provenienza tedesca. Questo ballo sarebbe
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stato portato in Francia dai soldati (francesi) che erano stati in Alsazia durante la guerra
dei Sette Anni. (L’Alsazia e’ la regione nord_orientale della Francia che ha per capoluogo
Strasburgo. Fu conquistata dai francesi nel 1675. Con la pace di Nimega, nel 1678, essa
fu definitivamente annessa alla Francia). I francesi, poi, lo avrebbero rielaborato: da danza
lenta in ritmo binario, a danza vivace in ritmo ternario. La conclusione di Klingenbeck sulle
origini del valzer e’ la seguente:
Il valzer e’ nato in Germania come risultato di due processi paralleli: nelle comunita’
urbane e’ esso derivato dall’allemanda; nelle comunita’ rurali e nella regione dell’Austria e’
derivato dal landler. (Il landler e’ nato come danza di coppia chiusa a tre tempi).
Molto provocatoriamente, Rémi Hess, introduce il problema delle origini di questa danza
con una affermazione di Castil Blaze, “Il valzer che abbiamo ripreso dai tedeschi nel 1795
era un ballo francese da quattrocento anni”.
MOURGUES MARCELLE, sostiene che “lo studio del passo della volta presenta una perfetta
analogia con il passo del valzer e dell’allemanda”. La differenza tra allemanda e volta e’ la
seguente: mentre l’allemanda e’ una “mera danza collettiva con moulinet, dove il ballo di
coppia rimane aperto, e’ evidente che la volta e’ stata la prima a far si’ che la coppia si
abbracciasse nell’incantevole dondolio del ritmo a tre tempi, nell’ebbrezza di un turbinio
tipico del valzer”. Quindi, il valzer, in quanto derivante direttamente dalla volta, e’ (sarebbe)
francese.
Il famoso storico della danza CURT SACHS, che per decine e decine di balli ha ricostruito al
millimetro nascita, sviluppo, percorsi, interazioni, ecc., proprio sul valzer ci da’ un
contributo solo parziale: sia nel non fissare o non negare, con la sicurezza che gli e’
propria abitualmente, la sua derivazione dalla volta, sia nel lasciare un alone di incertezza
sulle origini della volta stessa. Questo ci fa capire che il problema e’ veramente serio e di
non facile soluzione. Mentre egli afferma che la volta ha come patria la Provenza e “fu
introdotta per la prima volta alla corte di Parigi nel 1556 dal conte Sault”, precisa che cio’ e’
vero nella misura in cui “Carloix, segretario di Vieilleville, ci da’ informazioni esatte”. Cio’
vuol dire che le origini provenzali della volta, ben lungi dall’essere state dimostrate
scientificamente, poggiano unicamente sulle dichiarazioni del sig. Carloix. Non a caso,
subito dopo, Curt Sachs, che e’ abituato a far quadrare i conti, ossia le ipotesi con i fatti,
riferisce due stranezze (tali sono per lui) che gli studiosi non sono riusciti a spiegare:
“Ancora piu’ singolare e’ che gia’ prima del 1600 la volta costituiva in Inghilterra una
parte stabile delle lezioni di danza”.
“Ma ancora piu’ strana e’ la sua prima comparsa in Germania… Gia’ nel 1538 un
incisore della Vestfalia, Heinrich Aldegrever, ritrae in una serie di soggetti di danze
nuziali proprio questa danza, almeno per il particolare dell’uomo che afferra la dama
per il busto”.
Le perplessita’ di Curt Sachs non si fermano qua. “Continuamente gli scrittori francesi
rivendicano alla Francia l’origine del valzer poiche’ si dice che esso sia nato dalla volta.
Senonche’, il motivo coreutico di sollevare in alto la dama si puo’ riscontrare nella
Germania di molti secoli prima”. E ancora: “L’afferrare la dama per il busto che non fa
parte ne’ del valzer ne’ del Landler, era comune in Vestfalia decine di anni prima che la
volta prendesse la via della Provenza verso Parigi e nessuno potrebbe attribuire alla
Vestfalia una particolare inclinazione per i costumi della Provenza”. L’Autore dichiara di
non volere “dar fiato alle trombe tedesche” e conclude che “in realta’ la radice di tutte le
danze con movimenti circolari affonda nell’oscurita’ dei riti di vegetazione del periodo
neolitico”. In ogni caso, la volta “deve essere scomparsa subito dopo” il 1636.
Rémi Hess contesta Curt Sachs, accusandolo di spirito antifrancese e mettendo in
relazione la data di pubblicazione e di diffusione della sua opera (1933) col contesto
politico tedesco del momento, evidentemente contrario all’idea di un valzer collegato alla
tradizione latina. Rémi Hess critica anche FRITZ KLINGENBECK che porta avanti un discorso
tutt’altro che scientifico. Il concetto contestato e’ il seguente: “Anche se gli scritti sulla
nascita di questo ballo sono in gran parte frutto di mere supposizioni, cio’ non toglie che
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molte testimonianze avvalorino la tesi secondo cui il valzer, in quanto ballo nazionale
tedesco, e’ nato nel nostro paese e appartiene alla nostra cultura allo stesso modo di un
vecchio canto popolare. Proprio come avviene per i canti popolari, e’ impossibile reperirne
la vera origine, ma questo non ha importanza perche’ il valzer e’ tedesco nella sua intima
essenza”.
ARTHUR H. FRANKS, ricorda i tempi in cui “i francesi proclamavano che il valzer discendeva
dalla volta, mentre i tedeschi asserivano che derivava dalla dreher”. Egli sostiene che si
puo’ considerare praticamente chiusa la “lotta” delle rivendicazioni in quanto “la maggior
parte dei vocabolari francesi contemporanei, ivi compreso il Larousse, fanno riferimento
unicamente alle origini tedesche di questo ballo”.
Secondo Giovanni Calendoli il valzer “trae origine dall’evoluzione del landler. (…)
Naturalmente anche il valzer, quando le conquiste della Rivoluzione francese sono
gradualmente assimilate, puo’ ascendere dal basso livello borghese fino ai piu’ elevati
fastigi della mondanita’ ed essere ammesso addirittura nei grandi balli delle corti
ottocentesche”.
L’estremo tentativo di accreditare un qualche aggancio del valzer alle tradizioni francesi e’
quello di Rémi Hess, in nome di motivazioni di tipo interculturale e internazionale: “Il nostro
obiettivo non e’ quello di dimostrare la paternia’a’ francese del valzer, ma piuttosto di
evidenziare la molteplicita’ degli apporti necessari affinche’ emergesse una nuova
socialita’ di coppia, all’epoca della Rivoluzione del 1789, che pur essendo scoppiata in
Francia fu preparata da fermenti diffusi in tutta Europa. La danza di coppia e’ infatti il
risultato di un movimento europeo della durata di quattro secoli”. Rémi Hess resta
comunque convinto che “le origini tedesche del valzer non sono piu’ convincenti di quelle
provenzali”.

FORTUNA DEL VALZER

Rémi Hess ci ricorda che il termine walzer fu usato nel 1754 nella commedia di Josef Kurz,
e precisamente “nella canzone di Bernardon (su una musica in 3/8)”. Nel 1766 lo stesso
termine comparve nel minuetto di una sonatina di Franz Joseph Haydn, precisamente
nella didascalia “mouvement de valzer”. Giovanni Calendoli riferisce che “nel 1782 C. von
Zangen publica un trattato sulla nuova danza intitolandolo Etwas uber das Walzen”. Si
tratta di tre anteprime: infatti, fino alla fine del Settecento, il termine tedesco walzer non fu
ufficialmente adottato per indicare un ballo codificato. Con tale termine si intendeva
inizialmente definire, quindi, non una danza che gia’ avesse delle precise regole e dei
propri schemi, ma solo un modo particolare, estemporaneo o tendenziale, di ballare.
In tedesco walzen vuol dire rigirarsi (in inglese il termine corrispondente e’ waltz); e quindi
si puo’ presumere che, nei due casi citati, il termine walzer stesse ad indicare una serie di
giravolte eseguite in perfetta armonia con le basi musicali. Molti studiosi sostengono che
per centinaia di anni, in tanti balli popolari le coppie hanno eseguito movimenti di costante
rotazione, mantenendo una posizione ravvicinata. In realta’, in ogni danza con battute di
tre battiti, i giri vengono fuori quasi naturalmente, al di la’ delle codificazioni. Fra le
popolazioni dell’Europa centro-meridionale i balli con ritmo ternario sono esistiti fin
dall’inizio del secondo millennio.
Curt Sachs afferma che “la prima documentazione della parola Walzer” e’ Weller, una
danza in tondo che si eseguiva durante le feste nuziali in Germania, definita ”sfrenata” dal
maestro cantore di Norimberga Kunz Has, nel 1525.
Il valzer fu presentato per la prima volta in palcoscenico nel 1787, all’interno dell’opera Una
cosa rara, di Vincent Martin, al Theater an der Wien. Cio’ dimostra che, a quella data, il
popolo era gia’ ben disposto verso tale ballo. Come danza autonoma comincio’ ad
affermarsi all’inizio del XIX secolo, conquistando sempre piu’ adepti, nonostante i moralisti
ne parlassero come di un ballo pericoloso e per la morale e per la salute. Esso aveva un
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movimento moderato con accentuazione della prima unita’ di battuta. Solo
successivamente da Andante divento’ Allegro.
La diffusione di questo ballo, rapportata alle ‘politiche’ ostili delle Autorita’, ne fa capire
tutta l’intima forza.
Al 1760 risale un importante documento, rinvenuto in Baviera, che vietava espressamente
le “walzende Tanze”.
Nel 1767 J.M. de Chavanne, parlando a nome dei maestri di danza, condannava il valzer
in quanto non rientrante nella tipologia della buona danza.
Nel 1785 il Walzer fu vietato in Boemia (con specifico provvedimento della corona) per
motivi morali ed igienici.
Curt Sachs riporta la descrizione che ERNST MORITZ ARNDT fa di una scena di valzer: la
coppia balla “cosi’ strettamente allacciata” volteggiando “in un atteggiamento
sconvenientissimo”. A proposito dei danzatori che tengono sollevati i lembi dei vestiti delle
dame, nota che “la mano (del maschio) che tiene il vestito poggia ben ferma sul petto della
donna premendo con lascivia ad ogni piccolo movimento”. Il giudizio sulle donne non e’ da
meno: “Le ragazze poi avevano uno sguardo folle o sembravano prossime al deliquio”
Proprio questi divieti ufficiali stanno a dimostrare il successo che il ballo aveva conseguito
nelle varie regioni europee: esso era entrato a far parte delle abitudini del popolo. Alla
gente piaceva sempre di piu’. A dire il vero cominciava a fare breccia anche nelle menti
piu’ aperte della nuova cultura. Curt Sachs sostiene che agli inizi dell’Ottocento si avverte
una stanchezza generalizzata per le vecchie danze europee ed inglesi. Si sente il bisogno
di balli popolari forti, capaci di esprimere le passioni, le emozioni, i giochi dell’amore. “Cio’
che quest’epoca cercava si poteva trovare nei dreher, nei saltarelli, nei landler o nei valzer
che da tempo indeterminato esistevano nella Germania meridionale pronti a lasciare le
loro valli e i loro villaggi, appena fosse suonata l’ora”.
Il valzer riportava l’estasi, l’ebbrezza, il rapimento. Questa sua natura ne spiega il veloce
successo, “la sua rapida accoglienza da parte della borghesia tedesca”. Perfino la difficile
Inghilterra fini’ per adottarlo (1812).
Il valzer fu nobilitato dai grandi della musica:
Danze Tedesche di Mozart (1789),
12 Walzer di Haydn (1792),
Danze Tedesche di Beethoven (1796),
Landler di Beethoven (1799),
Danze Tedesche di Weber (1801).
Il boom del Valzer si ebbe con la Rivoluzione francese che scoppio’ alla fine del XVIII
secolo e le cui ripercussioni varcarono i confini della Francia per investire quasi l’intera
Europa. La Rivoluzione francese affermo’ i principi della liberta’ e dell’eguaglianza: il ballo,
che era stato vietato per tanto tempo, rappresento’ una delle prime manifestazioni della
nuova filosofia di vita.
Non a caso, le rivolte contadine trasformarono in sale da ballo molte chiese e molti
monasteri. In tutte le feste, spontanee o organizzate, del popolo inneggiante agli ideali
rivoluzionari, il ballo principale era il Valzer. Questo ballo fu amato anche dalla borghesia e
dall’esercito. Si scrive che “le truppe napoleoniche lo fecero conoscere a tutta l’Europa,
travolgendo le resistenze dei moralisti”. Essi ricordano inoltre che il valzer sopravvisse
anche al crollo dell’impero di Napoleone. “La restaurazione dei vecchi regimi non significo’
il ritorno delle danze nobili”. Re e regine ne furono innamorati.
Alcuni studiosi hanno fatto notare che la stessa architettura del Valzer ha un contenuto
sociale egualitario. Marlon Giuri e Simona Griggio sottolineano egregiamente tale aspetto:
“Tecnicamente non presentava alcuna differenza d’esecuzione per uomini e donne,
poiche’ quel che contava non era l’emergere della differenza sessuale ma la fusione
dell’uomo e della donna nella coppia. Entrambi gli esecutori compivano i medesimi passi in
perfetta sincronia: l’uno di fronte all’altra, abbracciati, volteggiavano insieme a destra e a
sinistra, girando attorno alla sala in senso antiorario. La ricerca del baricentro di coppia e’
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alla base di tale uguaglianza tecnica: l’uomo e la donna nel valzer si fondono in un unico
movimento per poter effettuare la rotazione e acquistare la velocita’ desiderata.” Questo
concetto non deve essere frainteso nel senso che si alterna la funzione di guida. E’ sempre
del cavaliere l’onere del condurre. Non e’ da condividere, pertanto, l’affermazione di
Regazzoni_Rossi_Sfragano quando sostengono che il valzer “e’ stato il primo ballo di
parita’ sessuale, nel senso che nella sua esecuzione dama e cavaliere si alternano alla
conduzione”.
In un altro passaggio fondamentale del loro libro, Marlon Giuri e Simona Griggio ci
ricordano l’importanza del parquet: “L’accentuazione del ritmo del valzer e’ strettamente
connessa all’invenzione del parquet che, permettendo ai ballerini di scivolare meglio sul
terreno, provoco’ la scomparsa dell’elemento saltato che fino ad allora caratterizzava il
valzer.”
Sul piano strutturale la musica del Valzer ebbe una svolta importante grazie a Hummel che
costrui’ una forma piu’ complessa di componimento formato da tre elementi fissi:
Introduzione, Walzer vero e proprio, Coda.
Il Valzer di Hummel era meglio articolato, con i periodi (di 48 battiti) ben collegati fra di
loro.
Forse senza volerlo, Hummel diede inizio alla fase della maturita’ del Valzer che divento’
espressione artistica di alto livello. A partire dalle sue opere si attivarono in parallelo due
percorsi musicali separati:
• il valzer ballabile,
• il valzer come composizione pura.
Nell’ambito del ballabile coesistevano il Lento e l’Allegro. La composizione dell’orchestra
era predeterminata dalla scelta del genere musicale. Per i brani ballabili era sufficiente
un’orchestra ‘leggera’, quella che oggi chiamiamo orchestrina. Il filone del valzer ballabile
si sviluppo’ in modo particolare a Vienna dove ebbe interpreti illustri come i Lanner e gli
Strauss. Furono scritte opere di grande respiro; e quando lo stesso Strauss-padre con la
propria orchestra ando’ a suonare a Parigi e a Londra, fu tale l’entusiasmo suscitato dalla
sua musica che automaticamente scoppio’ anche in queste citta’ la febbre per il nuovo
ballo.
Il periodo di massimo splendore del Valzer come ballo si ebbe con Strauss-figlio. Questi,
da grande e raffinato artista qual’era, si propose (riuscendovi in pieno) di adattare la
musica del Valzer ai valori mondani del suo tempo. Con tale intento si allontano’ sempre di
piu’ dalla dimensione classica di Beethoven o romantica di Weber e Schubert per creare
una sintesi perfetta tra momento musicale e momento coreico. Fin dal 1800 Vienna tributo’
grande successo a questo genere musicale che in realta’ rappresentava la fedele
interpretazione della sua mondanita’. Le varie trasformazioni ed elaborazioni tecniche che
hanno fatto del Valzer il ballo che oggi conosciamo sono nate nella capitale asburgica.
Ricorda Rémi Hess che “ai tempi del Congresso di Vienna, la danza riveste una
grandissima importanza. I nobili europei sono ben decisi a riprendere al popolo tutte le
liberta’ che ha conquistato dal 1789; ma al tempo stesso, ballando il valzer, assaporano il
piacere di trasgredire alle regole della loro classe”. “Il Congresso di Vienna ridisegna i
nuovi confini dell’Europa. Al tempo stesso si trasforma pero’ in un enorme corso di ballo,
della durata di cinque mesi, e rappresenta lo strumento di istituzionalizzazione del valzer in
tutti i paesi europei”.
In tutta la seconda meta’ del XIX secolo il connubio danza-musica trovo’ nel Valzer lo
strumento interpretativo artisticamente piu’ elevato. E il Walzer tenne banco non solo
nell’Europa continentale, ma anche in Inghilterra ed in America.
Con l’avvento dell’Operetta, il Valzer del filone ‘ballabile’ conobbe un ulteriore impiego,
incanalandosi nei circuiti del divertimento e puntando soprattutto su valori melodici piu’ che
artistici. Contemporaneamente, l’altro filone spiccava il volo verso valori ideali fino a
sfociare nella lirica pura, attraverso la musica dotta di Berlioz (Damnation de Faust), Liszt
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(Mephisto), Gounod (Faust), Cajkovskij (La Bella Addormentata nel bosco), a cui si devono
aggiungere brani indimenticabili di Chopin, Brahms, Schmitt, Ravel, Stravinskij. Ma questa
e’ un’altra storia.
Da quanto detto si capisce perche’ il Valzer si chiama Viennese. Si deve comunque
riconoscere alla Francia il merito di aver dato un contributo fondamentale alla affermazione
di tale ballo e di averlo amato fino in fondo. E’ sintomatica la vicenda relativa al capolavoro
di Johann Strauss An der schonen blauen Donau (Il bel Danubio blu), il piu’ affascinante e
il piu’ famoso dei 170 valzer da lui scritti:
Quando nel 1867 usci’ tale opera, nel mondo viennese del ballo l’accoglienza fu tiepida, in
quanto si trattava di un valzer da concerto, difficile da ballare come tutte le solenni melodie
caratterizzate da pause numerose e lunghe introduzioni.
Nello stesso anno, alla Esposizione Universale di Parigi, questo pezzo riscosse un
successo inimmaginabile: fu presentato, accolto e promosso come il valzer piu’ bello di
tutti i tempi. Da quel momento divento’ il simbolo stesso del Valzer.
A Boston nel 1872 “fu eseguito con un’orchestra di 1.087 strumenti, un coro di 20.000 voci,
200 direttori d’orchestra e un pubblico di 100.000 persone”.
Attraverso i decenni, il Valzer Viennese ha mantenuto le sue caratteristiche fondamentali
ed e’ riuscito a sopravvivere non solo a due guerre mondiali, ma alle grandi rivoluzioni che
nel corso del XX secolo si sono verificate nel mondo delle danze. Il maestro Alex Moore lo
definiva ai suoi tempi “uno dei balli piu’ attraenti”, presente in tutte le gare anche quando
queste non erano regolamentate in maniera uniforme. La “musica ispirata” rendeva questo
ballo “gradevole da ammirare”.
Nel corso degli anni, a fronte del successo sempre crescente del Valzer, diversi furono, nei
vari paesi, i tentativi di contaminazione o di imitazione di tale ballo:
• Valzer scozzese (GERMANIA): un misto di valzer a due passi e giri tipici del
viennese.
• Boston (USA): valzer moderato, caratterizzato da giri e da passi avanti e dietro.
• Valzer musette (PARIGI): valzer a contenuto sociale. Con accompagnamento di
fisarmonica, si cantavano la tragedie umane delle metropoli di inizio secolo (1900).
• Waltzer a due tempi (Russia): consta di due passi. Il primo e’ strisciato e si esegue
sui primi due battiti (lento); l’altro e’ scacciato e si balla sul terzo battito.
• Waltzer saltato: si esegue saltando alternativamente su ciascuno dei piedi. Il
cavaliere parte col sinistro.
• Waltzer Louis XV: si tratta di un mix tra valzer e minuetto.
Oggi il Valzer Viennese e’ una delle cinque Danze Standard ed in Italia e’ presente anche
nel Liscio Unificato come danza tradizionale del nostro paese, assieme a Polka e Mazurka.
In forma brillante lo si ritrova nel liscio romagnolo e piemontese e in tante interpretazioni,
suonato anche piu’ velocemente rispetto alle previste 56-58-60 battute al minuto.

(fonti: www.emmedance.altervista.org)