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27

dicembre

Storia del tango

 

 

Siccome le ipotesi sulla deriazione del nome tango sono tante, lo stabilire con certezza da dove esso derivi, aiuta ad orientarsi nella costruzione della storia delle origini di questo ballo misterioso. Ecco un elenco delle piu’ plausibili.

 

  • Deriva dal termine francese tangage che significa beccheggio. In tale ipotesi, si paragona al movimento oscillatorio delle imbarcazioni una iniziale figura caratteristica del ballo consistente in una specie di dondolio.
  • Deriva dal verbo latino tangere che significa toccare. Il riferimento, in tale ipotesi, e’ allo stretto contatto dei partners.
  • E’ un termine di origine giapponese che corrisponde ad una citta’ nipponica e ad una festa che in quella citta’ si svolgeva. Il termine sarebbe stato mutuato dalla lingua parlata dalle comunita’ giapponesi trasferitesi a Cuba alla fine del XIX secolo.
  • E’ un termine spagnolo che significa ossicino.
  • Deriva da fandango, una danza andalusa di provenienza araba. Il fandango si diffuse in Spagna durante il secolo XVIII e da qui fu portato in Argentina.
  • Deriva da tango flamenco (tanguillo) che si sviluppo’ in Spagna alla fine del XIX secolo.
  • Deriva da tangos, nome dato ai locali che rappresentavano i ritrovi dei neri e degli immigrati in genere; molte feste di neri si svolgevano in case private: tali case stesse erano chiamate tangos.
  • Deriva dal termine africano tambo che significa tamburo.
  • Deriva da tangano, nome di un ballo che gli schiavi negri portarono in Argentina.

Il Diccionario de la Real Academia Espanola, del 1803, riporta che il termine tango esiste dal 1736 col significato di ossicino.
E’ il caso inoltre di ricordare che il rapporto fra tango flamenco e tango e’ stato oggetto di uno studio approfondito da parte del francese Jacque Bense il quale ha ricostruito il percorso completo, durato alcuni secoli, dei balli che si possono considerare antenati del tango. L’Autore sostiene che il tango flamenco (spagnolo) gia’ esisteva nel XV secolo: lo avevano portato i Mori nelle regioni del Sud. Trattandosi di un ballo equivoco e moralmente scomodo, fu osteggiato abbondantemente. Nelle regioni del Nord della Spagna fu addirittura abolito con provvedimenti ufficiali di divieto. Fuori dalla ufficialita’, la danza sopravvisse nelle abitudini di gruppi appartenenti agli strati sociali piu’ poveri e presso alcune comunita’ di gitani che si spostavano da una localita’ all’altra. Quando molte famiglie gitane si trasferirono in Centro America in cerca di fortuna, il tango flamenco mise nuove radici a Cuba e dintorni. Mescolato a motivi ed elementi africani, diede origine all’habanera cubana che e’ la madre diretta del tango argentino. Gli ‘scandalosi’ intrecci di gambe, tanto per fare un esempio, sono passi di habanera… e il tango li ha esaltati

 

Il ritmo e’ di derivazione negra. Piu’ precisamente, prende le mosse dalla habanera cubana, a sua volta emanazione di motivi africani portati dagli schiavi in America Latina nel XVIII secolo.
L’habanera nasceva come piattaforma musicale e basta. Raggiunse la forma compiuta del classico brano con testo, attraverso l’incontro e la fusione con la payada, che era un canto poetico caro alle genti delle campagne. Habanera piu’ payada generarono la milonga (che fu anche una danza): un canto malinconico e triste che raccontava le difficolta’ della vita e le pene d’amore della povera gente, al suono di chitarra, flauto e violino. La milonga rappresento’ a tutti gli effetti la matrice del tango. Non a caso, fino al 1910, il tango fu chiamato milonga con cortes. Per informazione, devo ricordare che il termine milonga designava la prostituta.
Questo nuovo genere fu presto assimilato dagli immigrati europei che ne colsero la profondita’ ed una sorta di bellezza malinconica, legata al senso delle cose perdute.La sua musica sembrava il sottofondo piu’ idoneo a segnare il ritmo della emarginazione e della sconfitta.
Inizialmente la musica del tango fu scritta in 2/4 ed il ritmo era abbastanza veloce. Successivamente fu scritta in 4/8 e 4/4. Man mano che prese piede l’abitudine di aggiungere il testo alla musica, il ritmo fu rallentato.
A partire dal 1917, l’uso del tango cantato fu generalizzato. In quell’anno, Carlos Gardel presento’ in un teatro di Buenos Aires il brano “Mi noche triste”. Il successo fu strepitoso. Gia’ nel 1915, in verita’, era stato composto da Rodriguez il famoso pezzo “La cumparsita”. Ma fu sempre Carlos Gardel a lanciarlo, dopo che divento’ celebre, assieme ai classici “Choclo” di Villoldo e “Caminito” di Filiberto. Nei pochi anni della sua carriera, Carlos Gardel porto’ il tango in giro per il mondo: in tutta l’America e in tutta l’Europa, prima come cantante e dopo come attore. Si racconta che quando mori’, nel 1935, a soli 45 anni (in un incidente aereo), molte donne in Argentina si suicidarono per aver perso il loro idolo.

Dopo la morte di Carlos Gardel, assieme al mito del personaggio, crebbe l’amore per il tango. Dal 1940 in poi, a parte la pausa bellica, si assistette ad un crescente interesse per il tango, anche dal punto di vista artistico-musicale. In Argentina molte scuole e molte orchestre proposero varianti stilistiche che influivano direttamente sul piano del ritmo. Alcuni musicisti tornarono ad un tango piu’ veloce e piu’ vicino a quello delle origini, riproponendo un tempo di 2/4.
Il piu’ grande compositore degli ultimi decenni e’ stato Astor Piazzolla (1921-1994). Egli si affermo’ negli anni settanta con Libertango, oggi riproposto alla grande. L’originalita’ di Piazzolla consiste nell’aver introdotto elementi jazz nella piattaforma tango, col risultato di tirarne fuori un prodotto musicale di altissima qualita’, degno di essere classificato come musica classica. A tal fine egli ha utilizzato egregiamente chitarra elettrica e xilofono. Il tango di Piazzolla non si balla, date le alterazioni ritmiche e i giochi di sovrapposizione di piu’ melodie.

 

L’ARGENTINA
Alla fine dell’Ottocento l’Argentina fu interessata da una immigrazione multietnica di grosse proporzioni per quel tempo. Basti considerare che tra il 1880 e il 1910 la sua popolazione passo’a due milioni a quattro milioni di abitanti, per meta’esidenti a Buenos Aires. Si trattava di gente in cerca di fortuna, di disperati europei, africani, ebrei, giapponesi che nelle proprie terre morivano letteralmente di fame. L’anomalia di tale composizione sociale era data dalla sproporzione fra maschi (oltre il 70% della popolazione) e femmine (troppo poche). Ne derivava un diffuso disagio affettivo, organizzativo e sessuale. Gli uomini, dopo una giornata di lavoro, si ritrovavano in taverne e vari locali malfamati per giocare, bere, cantare e suonare. Molti, quantunque poveri, frequentavano i bordelli. Proprio in questi posti il tango trovo’ l’ambiente ideale per la sua fioritura e per la sua esplosione. In verita’, esso era nato nelle feste popolari di Buenos Aires; ma fu rifiutato dalla buona societa’ che ancora coltivava, in totale controtendenza rispetto al resto del mondo civile, contraddanze e quadriglie europee del secolo precedente. Il porto fu la sua culla: per questo motivo fu definito tango porteño. Rémi Hess ricorda che “il porto era gia’ un luogo di accoglienza delle nuove danze. Il valzer ‘rivoluzionario e licenzioso’ venne adottato gia’ a partire dal 1800.”
Proprio nei lupanari del porto il tango divento’ poesia recitata e cantata. Potremmo definire cantautori i suoi primi interpreti!
Per i posti in cui e’ nato e si e’ sviluppato (i bordelli), il tango e’ stato definito il ballo della malavita. Nei bordelli andavano uomini bisognosi di calore e ceffi di ogni genere: i mandriani della pampa (gauchos) che abitavano nelle periferie urbane; persone in cerca di guai; avventurieri che vivevano di espedienti; facinorosi che avevano problemi aperti con la giustizia; e i famosi compadritos, che erano i guappi dell’epoca. Nei testi dei primi tanghi si parlava spesso di questi personaggi strani che frequentavano i bordelli. Anche la letteratura ha dato spazio a vicende e scene di tango tutt’altro che esaltanti. Lo scrittore Jorge Luis Borges, nato a Buenos Aires nel 1899, e non solo per questo, grande conoscitore della sua terra, ha descritto molto fedelmente storie drammatiche di uomini e di donne, consumatesi negli ambienti del tango: risse, sfide, duelli, tradimenti, doppio gioco. L’operazione filosofica e sociologico_letteraria che Borges ha costruito sul tango e’ questa: il ritenere e il dimostrare che proprio la musica del tango e’ la naturale colonna sonora di una vita emarginata e violenta. Molti hanno anche pensato che il tango fosse un ballo fra uomini.

 

La svolta artistica nella musica del tango si ebbe nel 1900, quando al posto del flauto fu inserito il bandoneo’n, una piccola fisarmonica a sezione esagonale, con maniglia e tasti a bottone. Secondo Elisabetta Muraca la parola bandoneo’n e’ stata creata “sul modello akkordeon, sommando il suffisso eon al cognome del suo inventore, il tedesco Heinrich Band”.
Il bandoneon impresse al Tango la caratteristica cadenza struggente e direi lacerante che lo ha fatto diventare veicolo per eccellenza di tutte le passioni dell’animo umano. Nessun altro strumento musicale poteva meglio adattarsi a testi che si ispiravano a temi sostanzialmente tristi, di natura esistenziale e non sociale: l’abbandono del suolo nati’o, i drammatici viaggi per terre sconosciute e verso un futuro ignoto, il pensiero dei paesi d’origine e i ricordi che mettevano la voglia di piangere.
Anche quando si parlava d’amore, si faceva riferimento a storie di adulterio. L’amore era reso difficile ai maschi dalle circostanze avverse e da donne tendenzialmente traditrici.

 

Il ritmo del tango ha due caratteristiche particolari: e’ fortemente cadenzato ed ha una melodia non uniforme che e’ piu’ spinta e meno spinta, nell’ambito di uno stesso brano: cio’ comporta una accelerazione e una decelerazione dei passi, in armonia con la musica.

Le coreografie hanno dovuto tener conto, fin dall’inizio, della particolare struttura ritmica di questo ballo. Cio’ spiega perche’ il tango si e’ subito prestato a tante interpretazioni personali e perche’, anche quando e’ stato codificato, ha dato origine a molte figure di varia lunghezza con caratteri stilistici diversificati. La posizione della coppia e’ nata sotto i migliori auspici: cavaliere e dama erano praticamente abbracciati strettamente, in modo tale che la dama potesse percepire i movimenti anche improvvisati del partner, i bruschi cambi di direzione, e farsi guidare senza problemi. Intuizione ed intesa erano virtu’ fondamentali. Non a caso, la donna del tango era chiamata seguidora: doveva saper seguire il cavaliere con leggerezza, eleganza e perizia. Nei bordelli, le ballerine piu’ ricercate non erano le donne piu’ belle o piu’ sexy; ma quelle che meglio sapevano farsi guidare nel tango. Checche’ se ne dica, la vera sensualita’ di questo ballo consisteva, non tanto negli abbracci e negli intrecci delle gambe, come i benpensanti credevano; ma nella intesa immediata, nella complicita’ totale e maliziosa, intuitiva ed istintiva, che nel silenzio si stabiliva fra i partners: una specie di intimita’ senza parole, una compenetrazione molto piu’ profonda del semplice contatto fisico. Capitava di notare un uomo e una donna, mai vistisi prima, che riuscivano a formare una coppia perfetta di ballerini gia’ alla prima prova, pur nella mutevolezza delle figure e dei tempi. Nelle piu’ spericolate coreografie, trionfavano improvvisatori dalla guida decisa e femmine che apparivano fatali, volitive, aggressive… ed erano docilissime nel ballo. Per dirla con Marlon Giuri e Simona Griggio, “il tango non codificava i modi del corteggiamento, ma un’ambigua e contraddittoria volonta’ di possesso”.
Le figure create sul tango delle origini portano nomi spagnoli: corte, corrida, garabito, greca, lustrada, media luna, ocho, paseo, promenade, quebrada, refalada, rueda, vuelta. Alcune di queste figure, per la loro particolarita’, sono rimaste famose:

  • corte (corte’): consisteva in una sospensione, generalmente attuata con un passo indietro (sinistro) del cavaliere (destro avanti per la dama). Tale passo indietro serviva a bloccare di scatto la dama e a stringerla, su una pausa musicale interpretata liberamente e allungata a piacimento.
  • ocho: il cavaliere si fermava e aiutava la dama ad effettuare sul posto una serie di passi incrociati e semigiri (non e’ azzardato pensare che i movimenti di questa figura hanno ispirato l’attuale Bandiera, figura presente nel programma di Tango della discplina Ballo da Sala).
  • lustrada: come suggerisce lo stesso termine, il cavaliere, fermandosi, alzava un piede e si lucidava la scarpa sul polpaccio della gamba che sosteneva il peso del corpo

F. Giovannini presenta una distinzione fra programma di TANGO BRASILIANO e programma di TANGO ARGENTINO. L’introduzione di termini francesi significa che e’ gia’ avvenuta una prima europeizzazione del tango:

  • Per il tango brasiliano riporta cinque figure fra cui:
    • corta-jaca (nome successivamente adottato per designare una figura di samba)
    • a’ cote’
    • la corbeille
    • les ballons qui tombent (figura in caduta del cavaliere che sara’ ripresa dal PASO DOBLE: coup de pique)
  • Per il tango argentino riporta sette figure con il corrispondente termine francese:
    • el corte (le départ)
    • el medio corte (le demi-départ)
    • el paseo (la promenade)
    • la media luna (la demi-lune)
    • el veteo (le pas tourné)
    • el cruzado cortado (le croisé-coupé)
    • el cruzado per ocho (le croisé par huit)

 

Il primo film sul tango arrivo’ in Europa nel 1900. Questo nuovo ballo fu percepito come una delle tante curiosita’ esotiche, con i requisiti giusti per suscitare l’interesse del pubblico. Nel 1908 il tango fu inserito come ballo nelle riviste musicali parigine. Nello stesso anno il piu’ famoso maestro francese, Giraudet, riconobbe il tango come danza. Nel 1910 il direttore dell’Accademia di danza, maestro Battallo, ballo’ personalmente il tango con la star Mistinguett: cio’ equivalse alla legittimazione ufficiale di tale danza che, da quel momento, entro’ in tutte le sale da ballo. Nel 1911 il tango fu presentato alla Esposizione Universale di Parigi, provocando grandi entusiasmi da un lato e critiche e condanne dall’altro. Per molti anni esso ebbe un doppio destino:

  • Si insinuo’ negli ambienti ufficiali dell’Arte e della Cultura dei continenti europeo ed americano, diventando anche movimento letterario e filone musicale.
  • Si scontro’ con forze retrive che lo bollarono come peccaminoso ed indecente.

Insomma, trovo’ in pari misura convinti detrattori ed entusiasti proseliti.

A favore del Tango si schierarono quasi tutti i ballerini e gli studiosi di danze di coppia. Costoro capirono immediatamente che era nato il piu’ affascinante dei balli. Lo stesso pubblico che ruotava attorno agli spettacoli relativi alle danze sembro’ apprezzarne entusiasticamente la portata rivoluzionaria. Il mondo accademico e le gerarchie ecclesiastiche ne furono indignati ed espressero parole di dura condanna. Era difficile far accettare come danza nobile ai rappresentanti del Sistema di allora un ballo inventato nei postriboli, usato come sollazzo da ubriaconi e prostitute. Ne’ si erano mai viste, nemmeno nella tollerante Parigi, coppie di ballerini “esibirsi in posizioni cosi’ sconvenienti ed equivoche“. La stampa (Le Figaro in testa) non perse l’occasione per lanciare un sincero allarme, sostenendo che il Tango era un attentato alla Morale, in quanto consentiva ad un maschio e ad una femmina di fare in pubblico cose che anche nel privato avrebbero fatto arrossire le persone perbene.

Per fortuna i Professeurs de Danse furono piu’ realisti e lungimiranti dei giornalisti. Colsero la potenza di questa danza e si misero al lavoro per renderla “compatibile”. La famosa insegnante di ballo Gladys Bettie Crozier, che aveva scritto sul tango un libro importante (The Tango and How to Dance It), nel 1913 aveva modo di descrivere in termini positivi e rassicuranti il tango ballato a Parigi. Lo definiva sciolto ed armonioso, elegante e di belle figure. Poco tempo dopo la presentazione alla Esposizione Universale (1911), e fino allo scoppio della prima guerra mondiale, la moda del tango esplose sia a Parigi che a Londra. Fiorirono dappertutto delle orchestrine attrezzate per suonare il tango, e molti locali (caffe’ e ristoranti) si riciclarono allo scopo di ospitare ballerini di tango. Questi ritrovi si chiamavano tango teas: al centro del salone c’era spazio sufficiente per consentire di ballare; tutt’attorno erano sistemati i tavolini per le consumazioni. Fra una portata e l’altra, mentre l’orchestra suonava ininterrottamente, le coppie si alzavano ed eseguivano un tango. A Londra i the’ dansant nacquero come veri e propri clubs riservati alla media ed alta borghesia. Alcuni di questi clubs, come e’ sempre stata ‘buona’ abitudine degli inglesi, erano anche abbastanza selettivi.

In Argentina, patria del tango, questo ballo usciva, poco a poco, dal ghetto e, fin dal 1907, comincio’ ad essere ballato nei salotti e nei teatri. Poi conquisto’ i piani alti della politica, degli affari e della cultura. Avvenne un fenomeno strano: il vero successo esplose dal 1913 in poi, solo dopo che l’Europa e la Francia ne avevano fatto il ballo del momento. A Buenos Aires furono aperti locali lussuosissimi, arredati secondo la moda parigina. I cabaret piu’ famosi portavano nomi francesi: Le Moulin Rouge, Le Royal Pigalle, Chanteclair, Julien, Les Ambassadeurs. In tal modo, l’Argentina adottava ufficialmente il tango come il suo ballo, dopo averlo inventato e snobbato. Esso diventava, nelle grandi citta’ e nei piccoli centri, la piu’ grande attrazione artistica. Per le persone altolocate era un obbligo partecipare alle danze nella forma piu’ solenne. Signore elegantissime e cavalieri in frac e papillon diventarono, frequentando specifiche scuole o servendosi di istruttori privati, ottimi ballerini di tango.
In America la febbre per il tango non fu minore che altrove. A New York aprirono centinaia di locali, diurni e notturni, dedicati esclusivamente al tango come musica e come ballo.
In Italia il tango fece la sua comparsa in forme meno eclatanti; ma comunque si diffuse abbastanza velocemente e abbastanza in profondita’ nei vari strati della popolazione. E’ curioso ricordare, a tale proposito, l’opera di un bravo maestro, Enrico Picchetti, del quale in qualche modo possiamo dire che fu il salvatore del tango. Ecco, brevemente, la storia:

  • Gli attacchi al tango continuavano incessantemente in Europa, da parte ecclesiastica, nonostante il successo di pubblico e nonostante gli accorgimenti attivati per rendere il ballo ben accetto agli ambienti conservatori. Il fin troppo solerte arcivescovo di Parigi scomodo’ il Papa, chiedendo una condanna ufficiale della Chiesa di Roma nei confronti di questa danza diabolica e peccaminosa. Pio X, realisticamente, prima di pronunciarsi, volle rendersi conto personalmente di cosa si trattasse. E qui entra… in ballo il maestro Enrico Picchetti. Costui preparo’ una coppia di ballerini insospettabili: il principe Antici Mattei e la sorella. Monto’ un programma talmente casto che nessuna figura richiedeva contatti equivoci dei corpi. La coppia si esibi’ alla presenza di Pio X, il quale non pote’ che prendere atto della liceita’ di questo maltrattato ballo.

Il successo mondiale del tango porto’ ad una proliferazione di figure e di tecniche. Ogni pista da ballo proponeva un suo tango. Ogni scuola sfornava originali coreografie. Molti studiosi di teoria cominciarono a dire che era arrivata l’ora di una regolamentazione. Gia’ verso il 1914 i famosi insegnanti newyorkesi Vernon e Irene Castle approntarono un manuale di figure e di tecnica. Il discorso della sistematizzazione si interruppe con lo scoppio della guerra.
Nel 1920 il tango fu rilanciato nello stile francese: il piu’ grande interprete ne fu Rodolfo Valentino. Egli conquistava le donne, prima ancora che per come le amava, per come le faceva ballare. La figura chiamata casque’, ingiustamente ignorata da tutti i libri e manuali successivi, fece piu’ proseliti che tutte le altre figure messe assieme.
La prima codificazione importante del tango fu effettuata negli anni venti dall’Imperial Society of Teachers of Dancing di Londra. La piu’ significativa selezione, a livello mondiale, resta quella operata dal maestro Alex Moore.

 

Il tango appartiene alla disciplina DANZE STANDARD, con i tre programmi Bronzo, Argento e Oro. Il manuale della ANMB propone un programma complessivo di 23 figure. In Italia il tango e’ inoltre presente nella disciplina BALLO DA SALA con un programma autonomo di 19 figure

Abbiamo inoltre il TANGO ARGENTINO cjhe le Associazioni ANMB, FIDP, FITD hanno inserito fra le discipline ufficiali. In Italia, attualmente, per gli esami di maestro si fa riferimento al testo di Franco Giombetti e Arianna Storace TECNICA DI TANGO ARGENTINO. Il programma proposto e’ una sintesi delle figure piu’ significative che si vedono in giro ed e’ articolato in tre sezioni (livelli): Bronzo, 10 figure; Argento, 7 figure; Oro (programma libero). Vengono inoltre presentate 6 figure di TANGO VALS e 7 figure di MILONGA, tutte catalogate Argento.

 

(fonti: www.emmedance.altervista.org)

This entry was posted on martedì, dicembre 27th, 2011 at 00:28 and is filed under Senza categoria. Follow the comments through the RSS 2.0 feed. Comments are closed, leave a trackback from your site.

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