15
gennaio
Storia del mambo
Mambo è il nome di una divinità cubana che è stata identificata nel dio della guerra. In onore di questa divinità si eseguivano danze all’aperto probabilmente solo maschili e comunque, per il loro carattere rituale, comandate da combattenti e capi tribù. Che il termine mambo rappresentasse precisamente questi balli o qualcuno di essi, non è scontato. Secondo alcuni studiosi il lemma mambo è stato usato a lungo per definire non tanto una tipologia di danze, ma tutta la musica di ispirazione religiosa, propria delle pratiche Voodoo, che faceva da base alle danze stesse. Tale musica serviva a mettere in contatto danzatori e divinità. Mambo significherebbe, in tal caso, canale di comunicazione con gli dei.
Secondo alcuni musicologi mambos equivale a ‘sacerdotesse’. Qualcuno arriva a tradurre mambo in: ‘colei che parla col Dio’. In entrambi questi due casi è evidenziata la centralità della funzione femminile negli affari di culto.
Le ipotesi attualmente più accreditate sono due:
Il termine appartiene al linguaggio rituale voodoo di Haiti (il mambo è quella particolare musica religiosa che consente, attraverso la danza, di conversare con le divinità);
Il termine appartiene ad un antico dialetto cubano denominato nanigo (mambo è usato per identificare sia la musica che il relativo ballo).
Una cosa è certa: col passare del tempo, il termine mambo identificò inequivocabilmente un particolare modo di ballare, riferito specificamente al folklore popolare cubano. La danza perse il rigore formale delle grandi occasioni religiose e dei momenti drammatici legati, un tempo, a rituali di combattimento. Si presentava piuttosto come un contenitore ricco di spunti presi dal son e dal danzòn, miscelati su ritmi frenetici. Ne scaturiva un ballo nuovo e non completamente definito. Fu proprio la struttura flessibile della danza che ne consentì l’arricchimento successivo, attraverso l’assimilazione di elementi africani e di motivi appartenenti alla cultura jazz.
Il mambo è nato dalla voglia degli schiavi di ‘scatenarsi’ nel vero senso della parola: una volta liberi dalle catene, essi inventarono il più frenetico dei balli, dopo anni di costrizioni, durante i quali dovettero ripiegare su danze “statiche” quali rumba e merengue. La teoria e l’ipotesi di Hjuelos sono affascinanti: nelle vene degli schiavi africani costretti a lavorare, incatenati, nei campi di canna da zucchero scorrevano sangue e musica. Con le catene ai piedi inventarono:
il merengue, il cui passo fondamentale consisteva nel trasferire il peso del corpo da un piede all’altro, anche restando allo stesso posto.
La rumba, che nella sua originaria impostazione si basava unicamente sui movimenti di oscillazione dei fianchi.
Quando finalmente si liberarono delle catene, inventarono il mambo.
Attorno al 1940 si può collocare la nascita del ballo con quelle caratteristiche che ancora oggi lo rendono unico ed attuale.
A determinare la struttura del ballo sono stati due fattori concomitanti:
• l’ evoluzione degli strumenti musicali;
• l’introduzione di motivi sincopati nella parte finale del danzòn.
Maracas, bongo, tamburo e guiro, uniti alla tromba (che è lo strumento tipico del jazz), hanno dato, sul piano stilistico, la migliore soluzione possibile al discorso percussioni. I ritmi travolgenti della tradizione latino-americana sono stati riproposti in chiave moderna, con grande efficacia timbrica, melodica e musicale.
Per quanto riguarda la tecnica di esecuzione di tale danza, a livello mondiale sono state elaborate decine di figure di base che, in pratica, consentono di partire in ogni direzione e con qualsiasi piede. Diverse generazioni di maestri e di coreografi hanno dedicato molto del loro tempo e tutta la loro bravura ad arricchire il mambo: sono state create centinaia di figure che consentono alla coppia di ballare sul posto o di spostarsi lungo le quattro pareti della pista, con amalgamazioni sempre diverse.
Per quanto riguarda la struttura musicale del mambo e i relativi riflessi sulla tecnica di ballo, mi limito a ricordare due cose:
Secondo la Scuola americana (New York Style) il cui massimo teorizzatore è il portoricano Eddie Torres, il mambo si balla sulla clave 2/3. Sull’1 musicale c’è la ‘marcatura’ da fermi. Il primo passo è effettuato dai ballerini sul secondo battito. (Secondo molti, se il cavaliere parte andando indietro è anche più bello).
In Italia siamo abituati a ballare la sequenza quick, quick, slow sul tempo di 4/4, col classico conteggio 2, 3, 4-1.
Quando avviene la prima formalizzazione del mambo come genere a se stante?
“Il primissimo esempio lo si può far risalire al violoncellista cubano Oreste Lopez che nel 1938 compone un danzòn, ballo molto vicino alla rumba, che battezza “Mambo”. Questo danzòn aveva di nuovo e di diverso un motivo marcatamente sincopato.
Altra ipotesi, abbastanza diffusa, è quella che vede nel compositore Arsenio Rodriguez (appartenente all’orchestra di Antonio Arcagno) il vero inventore del primissimo mambo. Egli combinò elementi presi dal son delle origini alle musiche religiose cubane di derivazione Voodoo, e creò un ‘danzòn en nuevo ritmo’, subito dopo denominato mambo. (Naturalmente, era un esperimento).
I suddetti esperimenti potevano rimanere tali per sempre; ma non fu così. L’introduzione della sincope contribuiva a creare un ritmo originale e visibilmente coinvolgente. Molti musicisti e arrangiatori si cimentarono in analoghi tentativi. Lo stesso direttore d’orchestra Antonio Arcagno (o Arcano) decise di supportare il nuovo ritmo con il pianoforte: l’effetto fu esaltante. Nell’ascoltare e provare tale ritmo, Perez Prado intuì che poteva nascerne un nuovo genere, ben oltre il danzòn, con ben altre prospettive. Come del resto avvenne. Sul piano coreico, lo sganciamento dal son avvenne sulla figura fondamentale, che si può considerare di base. Il son aveva un ritmo più lento del mambo: esso si ballava con movimenti orizzontali (verso destra e verso sinistra). Con l’accelerazione del ritmo che segnava l’evoluzione verso il mambo, non era possibile mantenere la direzione orizzontale della figura senza perdere in termini di armonia ed equilibrio. Per questo motivo i ballerini inventarono per il mambo il passo verticale (avanti e dietro).
Fortuna del Mambo
Il mambo diventò internazionale alla fine della seconda guerra mondiale. La diffusione, nel mondo, della musica del mambo e della relativa danza è dovuta Celia Cruz (interprete di Guantanamera), a Frank Grillo, a Xavier Cugat e a Abbe Lane. Alla fine degli anni Quaranta furono molti i musicisti e i gruppi cubani che cercarono, e trovarono, fortuna in giro per le Americhe. Tito Puente ne è uno dei massimi rappresentanti, assieme al suo compatriota portoricano Tito Rodriguez. Come suscitò interessi e passione nelle masse giovanili e nel pubblico più aperto mentalmente, parimenti, il mambo incontrò ostilità, preconcetti e divieti da parte delle autorità religiose e civili. In Messico e nel Sud America le figure di danza del mambo furono giudicate oscene dalla classe aristocratica e dalla Chiesa. Ma a nulla poterono le critiche, le condanne e i boicottaggi: il mambo aveva la forza di un ciclone, e come tale, spazzò via ogni ostacolo. Il padre del mambo è il musicista cubano Darnase Perez Prado, nato a Matanzas il 1922, pianista, compositore e direttore d’orchestra. Questi esordì a L’Avana con l’Orchestra del Casinò de la Playa, puntando ad un mambo supportato dalla più ricca strumentazione possibile a quel tempo.
A trentadue anni andò a Città del Messico, dove riscosse un grande successo, rivoluzionando le abitudini musicali (ed etiche) di tutta la nazione. Espulso perchè non in regola con le leggi che ordinavano il fenomeno della immigrazione, si trasferì a New York, dove in breve tempo fu incoronato “Re del mambo” (Cherry Pink, Que rico el mambo, Mambo n. 5). In America già esistevano locali dove andavano di moda i ritmi latini (Plaza Ballroom, Palladium); ma le folle non andavano in delirio. Quando arrivò il mambo, scoppiò una vera e propria febbre per tale ballo. Fu tale il successo musicale, che l’industria cinematografica ci volle mettere le mani. Ed infatti riuscì a sfruttare sapientemente l’appeal ritmico e psicologico che aveva sui giovani, e la portata di dichiarata sensualità che coinvolgeva un pubblico vastissimo e variegato. In molti films prodotti nel periodo 1949-1977 lo stesso Prado fu scritturato come attore. In Italia, la nostra cinematografia ha prodotto il famoso film MAMBO (con Silvana Mangano); mentre il pubblico ha accolto con larga partecipazione i più recenti films DIRTY DANCING e THE MAMBO KINGS (interpretato da Antonio Banderas).
“L’innovazione musicale del mambo, come ha avuto modo di raccontare lo stesso Prado, è stata quella di far suonare gli strumenti a percussione in sincrono con il pianoforte e i fiati, su accordi con scansioni ritmiche completamente diverse da quelle che si usavano” precedentemente. Ed infatti, già in Messico, Perez Prado aveva inserito nella sua orchestra l’organo, creando non poco stupore, in quanto tale strumento era estraneo alla musica leggera. Il mambo, dopo avere conquistato i giovani americani col suo ritmo incalzante, fu portato in Europa dove fu accolto con entusiasmo dalle nostre popolazioni. La briosità della danza e della relativa musica ben si adattavano al clima di rinascita e alla voglia di ricostruzione che fermentavano nei paesi occidentali, da pochi anni usciti dalla seconda guerra mondiale.
Anche quando il boom come genere musicale ha cominciato a declinare, a metà degli anni Sessanta, il mambo-ballo ha continuato ad avere una sua storia ed un suo posto preciso nel panorama della danza sportiva.
Il mambo è cubano perchè a Cuba esso è stato concepito, e perchè Perez Darnase Prado è cubano. Il Tropicana Night dell’Avana è stato il primo locale in senso assoluto in cui il mambo, appena nato, fu presentato nel 1943, mentre tutto il mondo era immerso nella guerra. Ma il mambo era, appunto, appena nato. Doveva crescere e diventare grande.
Il mambo è americano perchè negli USA è diventato grande. Il Palladium Ballroom, la più grande sala esistente al mondo, a quei tempi, fece del mambo di Perez Darnase Prado la danza più bella e più amata di tutti i tempi.
(fonte: www.mbdancepassion.it)
This entry was posted on domenica, gennaio 15th, 2012 at 23:40 and is filed under Senza categoria. Follow the comments through the RSS 2.0 feed. Comments are closed, leave a trackback from your site.